Da Federer a McEnroe, passando per Sampras, Djokovic e Borg: i re di Wimbledon e delle superfici verdi.
L’erba, superficie nobile e imperscrutabile, è la culla della tradizione tennistica. Wimbledon, il torneo più antico del mondo, ha elevato il tennis a rito, consacrando campioni che hanno saputo dominare questa superficie veloce e insidiosa. A differenza della terra rossa, che favorisce gli scambi lunghi, o del cemento, che premia la regolarità, l’erba richiede un tennis esplosivo, preciso, elegante. Chi vince sull’erba non è solo forte: è un artista e anche uno stratega.
Nessuno incarna l’essenza dell’erba meglio di Roger Federer. Otto titoli a Wimbledon, un record assoluto nel singolare maschile. L’eleganza, il servizio preciso, il gioco di volo impeccabile, il rovescio a una mano: Federer ha reso il tennis sull’erba un’arte. Le sue finali epiche contro Rafael Nadal (2008) e Novak Djokovic (2019) sono diventate leggendarie e il suo dominio sull’erba tra il 2003 e il 2007 (con cinque titoli consecutivi) è stato pressoché assoluto. In totale 19 i titoli vinti su questa superficie.
Negli anni ‘90, l’erba era il regno di Pete Sampras, americano taciturno ma devastante. Sette titoli a Wimbledon (uno in meno di Federer), tutti conquistati tra il 1993 e il 2000. Sampras dominava con un servizio potentissimo e un gioco serve-and-volley che pochi riuscivano a contrastare. I suoi movimenti erano essenziali, il suo stile sobrio ma letale. In semifinale o in finale, era quasi imbattibile. Sull’erba, un’icona.
Novak Djokovic ha dimostrato di essere un campione adatto a tutte le superfici, ma il suo impatto sull’erba, soprattutto a Wimbledon, è straordinario. Sono sette i titoli vinti ai Championships, grazie a un equilibrio unico tra difesa e attacco. La sua elasticità, la risposta al servizio, la forza mentale: tutto trova massima espressione sull’erba. Ha battuto Federer nella finale più lunga della storia del torneo (2019), dimostrando che sull’erba non serve solo eleganza, ma anche resilienza. Fu indubbiamente una delle finali più belle di sempre.
Cinque Wimbledon consecutivi dal 1976 al 1980. Björn Borg, lo svedese dal ghiaccio nel sangue, fu uno dei primi grandi dominatori dell’erba moderna. A differenza dei suoi contemporanei, che privilegiavano il gioco a rete, Borg rimaneva spesso sulla linea di fondo, anticipando uno stile di gioco che oggi è più diffuso. Il suo atletismo, la concentrazione monastica e la capacità di adattarsi lo resero un mostro sacro del verde londinese.
Otto i titoli sull'erba conquistati dall'americano John McEnroe, che con Borg ha dato vita a una delle rivalità più accese ed entusiasmanti del mondo non solo del tennis, ma dello sport in generale. Tre i successi centrati a Wimbledon ('81, '83 e '84).
Nel tennis femminile, il trono dell’erba è saldamente occupato da Martina Navratilova, che ha vinto nove titoli di Wimbledon in singolare, un record ancora imbattuto. Il suo gioco era perfettamente calibrato per l’erba: servizio potente, transizioni rapide a rete, volée micidiali. Tra il 1982 e il 1987 vinse sei titoli consecutivi. La sua longevità e adattabilità le hanno permesso di restare competitiva per oltre due decenni.
Guai a dimenticare Serena Williams, sette volte campionessa a Wimbledon. Servizio da manuale, potenza da fondo campo, e una determinazione che non conosceva ostacoli. L’erba ha saputo valorizzare la sua esplosività, e le ha consentito di battere rivali di ogni generazione, da Venus a Sharapova, da Halep a Kerber. E quindi, Steffi Graf, sei volte campionessa a Wimbledon, portò il tennis femminile nell’era moderna con il suo dritto devastante e la grazia nei movimenti. Venus Williams, cinque volte regina a Wimbledon, interpretò l’erba con uno stile aggressivo e vincente.
Insomma, dominare l’erba non è solo una questione di titoli, ma di stile, di armonia col campo, di capacità di esprimere un tennis puro. Federer, Sampras, Navratilova, Serena: tutti hanno lasciato un’impronta estetica e tecnica ineguagliabile. E mentre nuovi campioni emergono, Wimbledon resta il palcoscenico dove si scrive la vera storia del tennis.
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