I Leoni di Taranga, tra le 32 protagoniste alla Coppa del Mondo di Qatar, furono la rivelazione del torneo disputatosi in Corea del Sud e Giappone.
A distanza di vent’anni dall’ultima volta il Campionato del Mondo torna a giocarsi in Asia. Se oggi la cornice è rappresentata dal Qatar, all’epoca erano ben due i Paesi ospitanti. Stiamo parlando naturalmente della Corea del Sud e del Giappone. Chi si aggiudicò l’ambito trofeo fu il Brasile con Ronaldo il Fenomeno al massimo del suo splendore, capocannoniere del torneo con otto reti, due delle quali segnate proprio in finale nel 2 a 0 rifilato alla Germania.
Non siamo qui però a celebrare la Nazionale verdeoro, meritatamente campione. Piuttosto a raccontare delle gesta di altri protagonisti che non tornarono a casa con nessuna medaglia se non quella al valore attribuita simbolicamente dalla propria gente e da tutti quelli che amano il calcio. Ci riferiamo al Senegal per il quale quello del 2002 fu il primo Mondiale in assoluto nella propria storia. Un’esperienza memorabile per la squadra allora guidata dal compianto francese Bruno Metsu del quale, oltre agli evidenti meriti sportivi, si ricordano la lunga capigliatura e il fisico scolpito. Si definiva un bianco dal cuore nero. Aveva preso il posto di Peter Schnittger, tedesco tutto ordine e disciplina che aveva fatto passare la voglia di pallone ai Leoni d’Africa. Ma un’altra storia stava per nascere.
Alla vigilia della competizione l’unica squadra messa peggio del Senegal era la Cina. Almeno stando al ranking che vedeva la Nazionale africana al 42esimo posto della graduatoria. Che, a dire la verità, rappresentava già un ottimo risultato, considerando che a stento entrava tra i primi 100 un anno e mezzo prima. La svolta fu rappresentata proprio dall’arrivo del nuovo allenatore. Poco esigente dal punto di vista economico, gentile e disponibile al dialogo: tutti requisiti che convinsero la federazione senegalese a puntare su Bruno Metsu. “Era quello di cui avevamo bisogno” raccontano i calciatori che all’epoca rappresentavano la loro nazione.
Il primo assaggio del continente africano, Metsu lo aveva avuto con i cinque mesi nei quali aveva guidato la Guinea. Prima qualche esperienza in patria non certamente esaltante. Sta di fatto che con lui al timone il Senegal iniziò a vincere, cosa mai accaduta prima, tanto che molti club stentavano a concedere i propri tesserati alla Nazionale solo per mandarli in giro a raccogliere batoste. Alla qualificazione alla Coppa del Mondo aggiunse un traguardo assolutamente impensabile alla vigilia: l’approdo ai quarti di finale! Ad oggi è questo il miglior risultato di sempre da parte di una nazionale africana, record condiviso con il Camerun del 1990 e con il Ghana che si è aggiunto nel 2010. Per la compagine di Metsu ci fu poi la finale di Coppa d’Africa, persa soltanto ai rigori contro il Camerun.
Ci si sarebbe attesi l’Egitto o magari il Marocco o ancora l’Algeria. Invece in Corea e Giappone ci si trovò di fronte all’ignoto rappresentato dal Senegal. L’esordio con la Francia fece passare una notte insonne a parecchi tra i Leoni della Teranga, compreso l’allenatore nato a Coudekerque-Branche che, guarda caso, si trova proprio al nord del paese transalpino.
Pronti, via e Papa Boupa Diop regalò i tre punti agli uomini in maglia verde contro quelli che all’epoca erano campioni di tutto. I pareggi contro Danimarca e Uruguay condussero il Senegal agli ottavi di finale. Il golden goal di Henri Camara, autore di una doppietta, consentì poi agli africani di superare anche il successivo ostacolo rappresentato dalla Svezia. La Turchia poi mise fine ai sogni di gloria di un intero Paese con i suoi calciatori che rientrarono a casa comunque contenti per un percorso straordinario che li ha resi immortali.
La stella in quella competizione fu soprattutto El Hadji Diouf, attaccante di proprietà del Lens, che dopo l’exploit conquistò la chiamata del Liverpool. Quando si dice genio e sregolatezza corrisponde all’identikit perfetto: il suo talento cristallino faceva in modo che gli venisse perdonato praticamente tutto o quasi. E dopo il Mondiale disputato, ancora di più. Anche il cecchino Henri Camara seppe farsi notare, lo chiamavano il missile per la sua formidabile capacità di progressione palla al piede.
Quel Senegal non riuscì poi a ripetersi bucando le due possibilità successive ai tornei iridati di Germania 2006 e Sudafrica 2010. In Qatar i Leoni però ci saranno, con Sadio Mané e Kalidou Koulibaly nelle vesti di trascinatori. L’attaccante del Bayern Monaco in realtà è infortunato ma è stato comunque convocato dal CT Aliou Cissé nella speranza di poterlo impiegare più avanti o che il suo carisma possa contagiare il resto del gruppo semplicemente con la sua presenza. Con l’auspicio di rivivere un altro sogno che li conduca il più lontano possibile.
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