Il 'Caudillo' nella schiera dei grandissimi in un ruolo che il calcio moderno non prevede più. Difensore goleador, è stato l'unico calciatore argentino ad aver vinto due Mondiali (nel 1978 da capitano, nel 1986 senza scendere mai in campo).
Quando si parla dei più forti calciatori argentini di sempre, il pensiero corre veloce a Diego Armando Maradona. El Pibe de Oro ha scritto la storia della Selección (e del calcio), ma non è stato il solo ad aver reso grande il suo Paese. Una menzione speciale merita anche Daniel Passarella, capitano dell'Argentina che salì sul gradino più alto del podio nel Mondiale del 1978 disputato in casa. Ex difensore di Fiorentina e Inter, calò il bis nel 1986: fece parte, infatti, della fortunata spedizione in Messico, senza tuttavia mai scendere in campo con l'Albiceleste guidata da Carlos Bilardo e trascinata al successo da un Maradona formato extraterrestre.
Personalità da vendere, eleganza, tecnica, un più che discreto feeling con il gol grazie alla sua abilità nel calciare punizioni e rigori. Qualità che, nel 2004, hanno permesso a Passarella di essere inserito da Pelè all'interno del Fifa 100, ovvero la classifica dei 125 più grandi giocatori di tutti i tempi. E a pieno merito. Sì, perché il classe 1953 nato a Chacabuco, nel Nord Ovest dell'Argentina, è stato tra i migliori interpreti del ruolo di libero, figura iconica tra gli Anni '60 e '80, poi sparita nel calcio moderno.
Eppure, nonostante la naturale evoluzione di quello che viene definito lo sport più bello del mondo, si ha ancora memoria di 'liberi' leggendari. Giocatori posizionati alle spalle della linea difensiva, cui spettava il compito di respingere gli attacchi avversari ma anche di far ripartire l'azione. Passarella ha contribuito a rendere immortale la figura del libero, al pari di altri miti del calibro di Beckenbauer, Baresi, Scirea e Krol.
Discendente di immigrati italiani, Passarella sin da bambino dimostra di avere un carattere forte. Una grinta fuori dal comune, che lo porta a dare tutto in campo. A frenarne l'ascesa, però, è la statura: 173 centimetri, ritenuti troppo pochi per un difensore. Viene scartato prima dal Boca Juniors, poi da Independiente ed Estudiantes.
Ma Daniel non si arrende, aspetta il treno giusto. Che passa nel maggio del 1973, quando il suo Sarmiento de Junin disputa un'amichevole contro il River Plate. Novanta minuti in cui riesce a stregare i Millonarios. Comincia un'avventura meravigliosa con la squadra dalla maglia bianca e la banda diagonale rossa, di cui diventa leader indiscusso, trascinatore, calciatore simbolo. Non a caso, è soprannominato 'El Caudillo', il condottiero. Vince sette campionati in otto anni, mettendo la sua firma su una delle parentesi più belle della storia del River Plate.
In Argentina c'è un ragazzino di appena 17 anni che compie magie con la 'camiseta' dell'Argentinos Juniors: si chiama Diego Armando Maradona. È l'astro nascente del calcio sudamericano. La sua partecipazione al Mondiale argentino del 1978 sembra scontata. Ma, a 12 giorni dall'inizio della rassegna, il ct César Luis Menotti lo esclude. 'El Flaco' preferisce affidarsi ai senatori. Al carisma di Passarella. Ai gol di Mario Kempes.
Scelta premiata dal campo: la Selección conquista la Coppa del Mondo battendo in finale l'Olanda ai tempi supplementari. Kempes si laurea capocannoniere con sei centri, ma tra i marcatori figura anche il capitano, a bersaglio su rigore nella seconda uscita contro la Francia. Daniel Passarella è l'unico calciatore argentino ad aver vinto due volte il Mondiale, ma la spedizione in Messico del 1986 non riserva gioie dal punto di vista personale. Neppure un minuto in campo per il 'Caudillo'. A rubare la scena è Maradona, autore del gol del secolo nei quarti di finale contro l'Inghilterra.
Nel 1982 approda alla Fiorentina, dove resta quattro stagioni senza però riuscire a vincere trofei. Il punto più alto della sua esperienza sulle sponde dell'Arno nel 1985-86, quando realizza 11 gol in 29 presenze in Serie A, stabilendo il nuovo record di reti per un difensore nel massimo campionato italiano. Passa all'Inter, ma non va benissimo. E nel 1988 torna al River Plate, dove chiude la carriera.
La sua nuova vita parte dalla panchina dei Millonarios, con cui, dal 1989 al 1993, si aggiudica tre titoli. Nel 1994 la grande occasione alla guida dell'Argentina. Ma la Selección gioca male, le critiche sono feroci. Ai Mondiali del 1998 in Francia l'opportunità di zittire gli scettici. I ragazzi di Passarella, però, si fanno eliminare ai quarti dall'Olanda. Da allenatore non riesce a esprimersi sugli stessi livelli di quando era protagonista assoluto in campo e la sua ultima esperienza risale al 2006-2007 al timone – guarda un po' – del River Plate.
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