C'era un tempo in cui i club italiani potevano scegliere i calciatori da comprare, pescando anche tra i campioni più in auge del momento. Chi ha vissuto gli anni '90 ricorda infatti delle sette sorelle e di un livello della Serie A particolarmente elevato.
Lo alzò ulteriormente l'Inter di Massimo Moratti nell'estate del 1997 quando andò a casa del Barcellona per scippargli la stella più luminosa: Ronaldo Nazario da Lima. La cifra fu quella della clausola rescissoria: 48 miliardi di lire. Tanti per l'epoca ma non tantissimi considerando cosa fosse e cosa sarebbe diventato poi quel brasiliano tanto forte quanto sfortunato e fragile.
Fabio Cannavaro lo definì "immarcabile" con connotazioni tecniche che poco avevano a che vedere con il mondo degli umani. Ronaldo era imprendibile quando partiva palla al piede, tra finte, doppi passi, accelerazioni e giocate di ogni tipo che rendevano di difficile lettura i suoi movimenti per gli avversari. Oggi tutti lo collocano in cima tra i più forti di sempre, chi lo ha visto dal vivo o anche soltanto in televisione parla di Ronaldo quello vero confrontandolo col Cristiano che avrebbe segnato poi l'epoca successiva.
Qui arriva il paradosso: nonostante 352 gol in 518 partite, nonostante quanto abbia vinto – praticamente tutto – nonostante abbia mostrato al mondo delle caratteristiche che nessuno ha più riscontrato in qualcun altro, c'è la sensazione di non aver visto tutto di lui. Anche per una carriera di fatto interrotta prima del dovuto, che ha lasciato persino qualche rimpianto nello stesso Ronaldo e negli occhi degli spettatori che non ne avevano mai abbastanza.
Della storia di Ronaldo in Italia possiamo scegliere le tre immagini più significative. La prima è quella dello sbarco a Linate, avvenuto il 25 luglio del 1997 con una marea di gente ad accoglierlo. Fu uno dei regali più importanti mai fatti dal patron Moratti ai suoi tifosi: e dire che era sicuramente un presidente assai generoso, talvolta pure troppo.
Un marchio di fabbrica del fuoriclasse brasiliano era il dribbling, accecante, contro il quale nulla si poteva: 88 volte in carriera ha segnato scartando anche il portiere. La vera presentazione avvenne però a Bologna quasi due mesi dopo il suo arrivo: era il 14 settembre quando ricevette un passaggio al limite dell'area, controllo con il destro, finta a rientrare sul mancino e conclusione sul primo palo. Gol. Il primo di una lunga serie: furono 25 in 32 apparizioni. Quando Ronaldo segnava non c'era neppure il rammarico per i difensori, tanto fosse un qualcosa di inevitabile.
La seconda immagine scelta è la più dolorosa per tutti: in un Lazio-Inter di Coppa Italia l'asso carioca si infortunò una seconda volta, una manciata di minuti dopo il suo ingresso in campo. Uscì in lacrime in barella tra gli applausi dell'Olimpico, ricevuti sia dai laziali che dagli interisti. In quel momento non esistevano colori ma solo una bandiera: quella del calcio che aveva perso uno dei suoi più autorevoli protagonisti.
La terza immagine è quella del ritorno in Italia dopo il passaggio al Real Madrid ma stavolta con addosso la casacca del Milan. Nove centri in 20 apparizioni e la dimostrazione che quel Ronaldo conosciuto anni prima non c'era più. Ad appena 31 anni il meglio era purtroppo tutto già alle spalle per via di quel ginocchio. Quel maledetto ginocchio.
Ronaldo non si diventa, si nasce. Quello che è stato il Fenomeno lo si deve a madre natura. Impensabile imparare a giocare a pallone così. I primi passi da professionista li fece ad appena 17 anni con il Cruzeiro, preso sotto l'ala protettiva di Jairzinho. A portarlo in Europa fu però il PSV con una piacevole intuizione che cambiò radicalmente la sua carriera. Due anni in Olanda prima del passaggio al Barcellona dove in una sola stagione segna 34 gol in 37 partite.
È lì che arriva l'Inter, approfittando dello stallo sul rinnovo, per portarlo alla corte di Gigi Simoni. In nerazzurro rimane per cinque anni, dei quali solo i primi due sono reali e non condizionati dagli infortuni. Vince però poco, togliendosi comunque la soddisfazione del meritato Pallone d'Oro, e se ne va in Spagna al Real Madrid. Quattro anni e mezzo con le Merengues nei quali parzialmente torna quello di un tempo, segnando a raffica e conquistando titoli.
Milan e Corinthians poi chiudono un percorso memorabile in cui vince praticamente tutto quello che c'era da vincere tranne la Champions League che gli rimane stregata. Ma non sono i trofei a rimanere nella storia di Ronaldo il Fenomeno, quanto quello che ha lasciato negli occhi di chi lo ha visto divertirsi e divertire in campo. E che continuano a brillare ancora oggi, a distanza di anni.
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