Talento cristallino e purissimo, stella della pallacanestro italiana per quasi due decenni, ha legato il suo nome a un primato difficilmente battibile.
È stato il giocatore simbolo del basket italiano per quasi due decenni, gli anni '90 e i primi anni 2000. Un talento cristallino e un personaggio da copertina, un giocatore in grado di fare la differenza in campo e fuori. Carlton Myers è stata un'autentica stella della palla a spicchi, non solo tricolore. Un asso dello sport, che ha fatto da portabandiera per l'Italia all'Olimpiade di Sidney nel 2000 ma che ancor prima è stato portabandiera del basket nella terra del calcio. Una leggenda, insomma, dalla storia un po' particolare. A partire dal nome, che farebbe pensare ad altre origini: invece Carlton Myers è italianissimo. È nato infatti a Londra da padre caraibico (originario di Saint Vincent e Grenadine) e madre riminese e proprio a Rimini ha vissuto stabilmente da quando aveva nove anni.
Classe 1971, Carlton da bambino ha 'rischiato' di diventare musicista: il padre, sassofonista, ha provato a fargli suonare il flauto traverso. La grande passione del piccolo Myers, però, è stata subito lo sport. Ne ha praticati tanti, soprattutto dopo il trasferimento dalla madre in Italia: calcio, karate, persino il cricket. Poi però si è specializzato nel basket. E ha fatto subito la differenza. Approdato nel settore giovanile del Rimini, ha vinto a livello giovanile praticamente tutti gli scudetti possibili: Propaganda, Ragazzi, Allievi, Cadetti e Juniores. Da trascinatore. Dopo aver vinto la Serie A2 con Rimini nel 1992 e dopo essere approdato per la prima volta in nazionale, da stella emergente del basket tricolore, si è trasferito a Pesaro in comproprietà biennale: la sua prima esperienza in una big.
Fosse diventato un calciatore, sarebbe stato un numero dieci ma col vizio del gol. In grado di segnare da ogni parte del campo: da sotto, dal perimetro, in tutti i modi possibili. Un leader nato, capace di trascinare la Scavolini alla finale scudetto nel 1994, persa contro la Virtus Bologna. Sarebbe potuto finire ai New York Knicks in quella estate, si è ritrovato invece in A2 nella sua Rimini, una volta scaduta la comproprietà con Pesaro. E proprio durante quello 'strano' campionato disputato in cadetteria, ha riscritto la storia del basket italiano: il 26 gennaio 1995, durante il match contro Udine, ha firmato il record di punti per un campionato professionistico, 87, di cui 36 nel primo tempo e 51 nel secondo. Uno come lui in A2 non avrebbe potuto rimanerci a lungo. E infatti sarebbe sbarcato all'ambiziosa Fortitudo.
Dalla stagione 1989-90 Pippen diventa titolare inamovibile: incredibilmente nelle otto annate successive gioca 637 partite da titolare, risultando così tra gli elementi più continui della squadra di Chicago. Una compagine che dal 1991 entra nella leggenda anche grazie ad uno Scottie in forma clamorosa: nella stagione del primo anello (1990/91), si fa apprezzare con una media di 17,8 punti a partita, con la migliore percentuale di tiri a canestro a segno (52 percento). Nell'anno del secondo titolo NBA, Pippen migliora ulteriormente la media punti e rimbalzi (rispettivamente 21 e 7,7), facendosi apprezzare anche in ottica assist (migliore media della squadra con 7 punti a partita). Pippen si fa dunque apprezzare come giocatore totale, dando un contributo fondamentale in difesa e in attacco, come certificano le ottime prestazioni anche nel terzo anno di successi. Tra il 1993 e il 1995, senza Jordan in campo, il classe '65 non riesce a portare per mano una squadra senza punti di riferimento: le statistiche di Pippen migliorano (media di 22 punti in 72 gare di regular season) ma i Chicago Bulls non riescono ad andare oltre le semifinali di Conference.
Nel 1996, con il ritorno del figliol prodigo Michael Jordan, i Chicago Bulls tornano a dominare e conquistano altri tre titoli NBA consecutivi. Anche in questo triennio Scottie Pippen è tra gli elementi imprescindibili della squadra, tra media punti da paura, stoppate e grandi abilità in ottica rimbalzi. Da segnalare il record di 47 punti messi a referto il 18 febbraio 1997 contro i Denver Nuggets. Nelle ultime sei stagioni, prima la stagione 1998/99 con la casacca degli Houston Rockets e il buon quadriennio con i Portland Trail Blazers, con cui nel 2000 si porta fino alle finali di Conference poi perse contro i Los Angeles Lakers. A chiudere il cerchio l'annata finale nei Chicago Bulls: solo 23 presenze, di cui sei da titolare, con una media di appena 5,9 punti a partita.
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