Thierry Henry, storia del fuoriclasse francese, transitato per un breve periodo anche nella Serie A senza lasciare traccia. Le sue fortune le ha vissute tra Arsenal e Barcellona, oltre che con la maglia della Francia.
Capita a volte che la fretta ti porti a sbagliare completamente delle valutazioni. Anche nel calcio, come nella vita, la pazienza è una qualità imprescindibile che consente di gestire con la necessaria lucidità ogni situazione. Nel 1999 la Juventus non se la passava benissimo, sulla panchina dei bianconeri sedeva Carlo Ancelotti, poco amato dalla tifoseria e arrivato in un contesto difficile come quello del post Lippi.
Sul campo i bianconeri stentavano così la dirigenza dell'epoca pensò di cercare rinforzi nel mercato di riparazione. Tra questi arrivò un certo Thierry Henry, giovane promessa del calcio francese, proveniente dal Monaco. Si trattava di un evidente talento, ancora grezzo, del quale non era neppure ben chiaro che ruolo potesse fare. Ancelotti gli disegnò su misura un posto da esterno quasi a tutta fascia nel quale l'attaccante, preso per sostituire un certo Alex Del Piero infortunatosi gravemente, faceva fatica a ritrovarsi.
Così al termine della stagione, dopo un magro bilancio di 3 reti in 19 apparizioni, la Vecchia Signora se ne liberò senza pensarci su due volte. Dopo aver investito 21 miliardi di vecchie lire lo mandò all'Arsenal per 10 milioni di sterline. Per il giocatore fu la vera e propria svolta della carriera, per la Juventus uno dei più grandi rimpianti della storia ed un clamoroso abbaglio. Henry motivò il suo addio accennando a dissapori con l'allora direttore generale dei bianconeri Luciano Moggi. In realtà il campo aveva emesso un verdetto negativo, seppur ancora parziale, e la Juventus nella disperata ricerca di tornare immediatamente a vincere abboccò facendo un meraviglioso regalo al football d'oltremanica.
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Bollato come pacco dall'Italia, Arsene Wenger si leccava i baffi consapevole del reale valore di un giocatore che aveva già avuto alle proprie dipendenze in Francia. Con la maglia del Monaco, giocando anche in coppia con David Trezeguet, Henry aveva messo a segno 20 reti in quattro anni e mezzo. Non un bilancio da record, ma la testimonianza di quanto le sue doti tecniche andavano semplicemente affinate. In Premier League, Titì iniziò subito col botto. Pronti via e 26 gol soltanto nel suo primo anno.
A qualcuno dalle parti di Torino cominciarono a fischiare le orecchie. Con i Gunners l'asso transalpino disputò ben otto campionati concludendo il suo percorso sulle rive del Tamigi con 228 centri in 377 presenze, due Scarpe d'Oro, due scudetti, 3 Coppe d'Inghilterra e 2 Community Shield. Arrivato tra lo scetticismo generale per prendere il posto di Nicolas Anelka, aveva fin da subito conquistato il palato fine dei supporter londinesi per i quali ancora oggi rappresenta uno dei calciatori più importanti della loro immensa storia.
Nell'estate del 2007 poi qualcosa si ruppe e, a causa delle divergenze con la società e della posizione in bilico del suo allenatore, decise di andar via. Ne approfittò il Barcellona che se lo aggiudicò per 24 milioni di euro andandolo ad aggiungere ad un reparto offensivo che annoverava anche Lionel Messi e Samuel Eto'o. Nei tre anni in blaugrana ha avuto modo di divertirsi mettendo in bacheca altri titoli ma senza, tuttavia, rivivere la magia dell'Arsenal. D'altro canto per i catalani era una delle stelle, non la più luminosa come ai tempi di Londra dove era punto di riferimento indiscusso.
Dopo tre stagioni al Barcellona la carriera di Henry, di fatto, si concluse. Prima però di appendere le scarpette al chiodo provò l'esperienza americana firmando per la franchigia dei New York Red Bulls e addirittura un romantico ritorno tra le fila dei Gunners. Il suo percorso nel mondo del calcio, oltre a quanto di importante fatto a livello di club, trovò il suo culmine massimo in Nazionale francese. Nel suo palmares figurano infatti anche un Mondiale, vinto nel 1998, ed un Europeo arrivato due anni dopo per completare il quadro.
Con i galletti ha collezionato dal 1997 al 2010 la bellezza di 123 presenze realizzando anche 51 marcature grazie alle quali, ancora oggi, è il miglior marcatore di sempre della sua Francia. Svestiti i panni del calciatore, ha provato a cambiare ruolo ma sempre restando nel suo mondo ed ora è collaboratore tecnico della Nazionale belga oltre che azionista del Como.
Ha anche allenato il Monaco e il Montreal Impact. D'altro canto la sua credibilità nel settore è infinita, dopo quanto fatto nel corso di una gloriosa carriera che lo ha visto salire sul tetto del Mondo sia a livello di club che in Nazionale vincendo qualsiasi competizione possibile. Il bello di essere Titì Henry.
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