Primatista di presenze con il Milan e simbolo della storia rossonera: una vita spesa per una maglia alla quale ha dato tutto e con la quale ha vinto tutto ciò che c'era da vincere.
Dinastia: discendenza o famiglia i cui membri acquistino un particolare rilievo in un determinato settore industriale, commerciale, finanziario, e anche nel campo dello spettacolo. Un esempio? Per restare in ambito sportivo quella più importante è sicuramente legata alla famiglia Maldini con Cesare prima, Paolo poi ed infine il figlio Daniel che hanno fatto e negli ultimi due casi fanno ancora parte del mondo del calcio.
Sopra tutti c'è sicuramente Paolo, una vita spesa per il Milan, considerato da sempre uno dei più forti difensori nella storia se non il più forte di tutti. In carriera sul campo ha vinto praticamente tutto quello che poteva, l'unico cruccio, se così si può chiamare, può essere rappresentato dal Pallone d'Oro per il quale è sempre stato preso in considerazione ma mai è riuscito ad ottenerlo. Nulla sposta nella percezione di chi ha avuto la fortuna di vederlo difendere. Elegante, pulito, affidabile, tecnico, carismatico, duttile, veloce, prestante: tutte le doti richieste a un difensore lui le possedeva, motivo per cui ogni allenatore non ha mai fatto fatica a schierarlo da quando ha iniziato all'età di 16 anni fino a quando smesso che di primavere ne aveva compiute 41.
Già, perché tra le sue qualità c'è stata anche quella della longevità sportiva per cui ha dovuto semplicemente cambiare posizione: da terzino sinistro, lui che era un destro naturale, si è adatto al centro della difesa dove era necessaria meno corsa e dove il suo senso della posizione lo ha reso competitivo ai massimi livelli fino all'ultimo giorno. Nel frattempo è cambiato il Milan, dagli anni d'oro alla fine del ciclo Berlusconi con risultati sempre meno entusiasmanti e con la ricerca di vecchie glorie più che di campioni nel fiore degli anni. Paolo Maldini no, è rimasto sempre lo stesso come avesse scoperto l'elisir di giovinezza.
902 presenze con la maglia del Milan è un record difficile da battere per chiunque. Se la sua maglia numero 3 è stata ritirata un motivo ci deve pure essere. Pensare che ai tempi di Nils Liedholm, Paolo Maldini aveva cominciato da terzino destro, lui che, effettivamente, era un destro naturale. È nella sua seconda stagione che trova la definitiva consacrazione, nonostante la tenerissima età, ma giocando sulla corsia opposta dove dimostra di sentirsi ancora più a suo agio.
Con l'arrivo di Arrigo Sacchi in panchina inizia a vincere: prima la conquista dello scudetto, poi la Coppa dei Campioni in una squadra recentemente indicata dall'Uefa come la più forte di tutti i tempi. Quel Milan viene ricordato come "degli olandesi" anche se l'anima difensiva era tutta italiana: oltre a Maldini c'erano infatti Baresi, Tassotti, Galli e Costacurta. Campioni con personalità e classe tra i quali il numero tre del Diavolo era quello più giovane anche se ascoltato e apprezzato da tutti i senatori e già considerato determinante dal club.
Nel frattempo arrivano altri titoli, il ciclo di Sacchi si spegne nel marzo 1991 con la sconfitta a tavolino contro il Marsiglia. Se ne apre quindi un altro, con Fabio Capello al timone: stile diverso ma il minimo comun denominatore della vittoria. Con il sergente di Pieris l'avventura dura cinque anni, poi qualche stagione complicata con esperimenti e cavalli di ritorno falliti. Nel 1999 il Milan torna a vincere con Alberto Zaccheroni ma è con l'arrivo di Carlo Ancelotti che il club torna a salire di nuovo sul tetto del Mondo. Nel frattempo Maldini è diventato capitano.
"In 23 anni di carriera non si è mai allontanato da un senso della morale, del dovere, della fedeltà e dell'etica che ne fanno una delle icone del calcio". Così scriveva nel 2007 l'Equipe parlando di Paolo Maldini ma sono parole che potrebbero essere proferite ancora oggi. Il suo palmares è talmente ricco da non poter essere menzionato per intero su queste pagine. Ma se con il Milan è riuscito a vincere e rivincere tutto, meno fortuna ha avuto con la maglia della Nazionale italiana dove sia al Mondiale che ai Campionati europei in due occasioni ha dovuto alzare bandiera bianca in finale.
In azzurro il ritiro è avvenuto a 34 anni, sette prima di appendere definitivamente le scarpette al chiodo. Dopo del tempo passato lontano dal mondo dello sport si è riavvicinato al rossonero nove anni dopo in qualità di direttore tecnico in sostituzione dell'ex compagno di squadra Leonardo. Anche nella nuova veste il glorioso ex difensore riesce a distinguersi rimettendo in ordine una società che da tempo era lontana dai fasti del passato. Normale, se sei Paolo Maldini.
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