Il 25 maggio 2005 è una data che i tifosi milanisti non dimenticheranno mai. La notte di Istanbul, infatti, rimane impressa come il peggior incubo possibile. Riviviamo insieme la finale di UEFA Champions League tra Milan e Liverpool.
Dici ‘Istanbul’ e tutti gli appassionati del gioco del calcio sanno a cosa ti stai riferendo; non bisogna essere per forza un tifoso del Liverpool o del Milan per ricordarsi quella partita. Quell’incredibile finale di UEFA Champions League rimane ancora oggi scolpita nella mente di chi può dire ‘io c’ero’, di chi ha potuto assistere a una delle finali più clamorose degli ultimi 50 anni, probabilmente la più folle.
Tanto che il nome di quella città, ‘Istanbul’, da quel momento entra di forza nel ‘vocabolario del calcio’, ma con due sfumature diverse per le due squadre protagoniste di quella finale. Per il Liverpool e per i suoi tifosi quella notte passa alla storia come ‘Miracolo di Istanbul’; per i tifosi rossoneri e per il Milan, invece, come ‘Incubo di Istanbul’.
Eppure, il Diavolo si presenta da favorito assoluto a quella finale. Il percorso della squadra allenata da Carlo Ancelotti è netto, tra goleade e partite che rimangono nella leggenda: dal doppio 1-0 contro il Manchester United al quarto di finale vinto nella stracittadina contro l’Inter, dove succede di tutto, compreso un petardo lanciato dai tifosi nerazzurri che ha colpito il portiere Dida.
I rossoneri avanzano in semifinale trovando il PSV, forse l’incontro che aveva messo più in difficoltà il Milan fino ad allora; infatti, dopo il 2-0 a San Siro, nella sfida di ritorno il Milan perde 1-3 ma si salva grazie alla validità doppia del gol fuori casa.
A Istanbul, è una notte che tutti i giocatori di calcio sognano: la finale della UEFA Champions League. La tensione è alta, ma come afferma il telecronista inglese, prima dell’uscita dal tunnel degli spogliatoi dei giocatori: ‘This is where every player of the world wants to be tonight’, ‘Qui è dove ogni giocatore del mondo vorrebbe essere stanotte’.
Ci sono campioni da una parte e dall’altra, ma i giocatori del Liverpool sanno che andranno ad affrontare una delle squadre migliori degli ultimi 20 anni almeno: Dida, Maldini, Seedorf, Pirlo, Kakà, Nesta; tanti, troppi fuoriclasse nella formazione rossonera, pensarono i tifosi dei Reds, non consapevoli ancora di quello che li avrebbe aspettati alla fine del fischio finale.
Non si fa neanche in tempo a scrollarsi di dosso quella tensione, quell’adrenalina che ancora si ha in corpo quando l’arbitro fischia l’inizio dell’incontro, e le gambe, ancora pesanti, provano a sciogliersi, che il Milan è già in vantaggio.
Punizione sulla destra dell’area del Liverpool per il Milan, e chi se non il ‘maestro’ Andrea Pirlo poteva andare a calciarla: palla dentro e Maldini, con una girata di destro, la mette in rete; non è passato neanche un minuto. 53’’ ed i tifosi dei Reds, che riempiono lo stadio, rimangono in silenzio.
Il Milan, con il suo classico ‘albero di Natale’, domina in lungo e in largo, giocando forse la sua miglior partita in una finale di UEFA Champions League, come dichiarerà qualche tempo più tardi Alessandro Costacurta, rimasto in panchina: ‘Per 114 minuti abbiamo giocato in maniera straordinaria, una partita bellissima’.
L’incontro continua con i rossoneri che sono l’unica squadra in campo; al minuto 38, con un contropiede che si dovrebbe mostrare nelle scuole calcio, Kakà porta palla prima di scaricare sulla destra per Shevchenko, che la mette dentro e trova un ispiratissimo Hernan Crespo, che con un contromovimento, da due passi, la mette dentro. Gelo per il Liverpool.
‘La differenza tra le due squadre in campo è abissale’ farà in tempo così a commentare il telecronista inglese, che il Milan, ancora con Kakà, con la sua classica cavalcata palla al piede, guida la squadra, prima di lanciare ancora Crespo, che in maniera glaciale prima salta Jamie Carragher e poi, con un tocco sotto di destro, supera Dudek. Fine primo tempo, 3-0 Milan.
Se ne parla ancora oggi di cosa possa essere successo negli spogliatoi dei rossoneri a fine primo tempo: c’è chi dice che i giocatori si siano rilassati troppo, addirittura chi racconta che forse si fosse ‘festeggiato’ un po’ troppo.
I calciatori del Liverpool raccontano che, una volta entrati negli spogliatoi, c’era gente arrabbiata, alcuni tristi, ma da fuori potevano sentire i propri tifosi intonare il leggendario coro ‘You’ll never walk alone’. Scatta qualcosa in quel momento; Benitez e il suo secondo ci credono ancora, e allora il capitano Steven Gerrard fa un discorso alla squadra: ‘Loro credono ancora in noi, dobbiamo dare loro qualcosa in cambio’.
Nessuno pensava a una rimonta, ma almeno segnare un gol per tutti quei tifosi che avevano viaggiato fino a Istanbul, disse Dudek qualche tempo dopo. Qualcosa però cambia nella testa degli inglesi; camminando per il tunnel prima di entrare in campo, Dietmar Hamann racconta: ‘La mia mentalità era completamente cambiata. Non pensavo che avremmo vinto, ma speravo, credevo, che almeno saremmo tornati in partita’.
Inizia il secondo tempo; i tifosi dei Reds cantano all’unisono ‘You’ll never walk alone’, ed il Milan non sembra essere quello della prima parte di partita. Al 53’ cambia tutto: cross dalla sinistra e incornata di Gerrard, e Dida non può nulla; sembra il gol della bandiera, invece sarà l’inizio di 6 minuti di pura follia.
Il capitano del Liverpool muove le braccia per infondere coraggio nei suoi compagni di squadra; lui ci crede, ed iniziano a crederci anche gli altri. Passano neanche due minuti, e Vladimir Smicer, con un destro da fuori area potentissimo, buca il portiere del Milan: 3-2.
Lo sguardo dei giocatori del Milan cambia; persi nel vuoto, sembrano quasi spaesati, adesso temono che l’incubo della rimonta possa diventare reale. La squadra di Ancelotti non riesce a reagire; le forze sembrano essere svanite nel nulla, irriconoscibile. Hyypiä dirà qualche tempo dopo: ‘Il secondo gol è stato quello che ha cambiato l’incontro, abbiamo iniziato a crederci’.
Il Liverpool ci crede, eccome, tanto che al 60’ l’incubo per i rossoneri si materializza: Gattuso stende Steven Gerrard in area, ed è rigore. Allora è Xabi Alonso ad andare sul dischetto; con il peso del possibile pareggio addosso, lo spagnolo si fa parare il rigore da Dida, che però non può nulla sulla ribattuta; adesso siamo sul 3-3.
Cala il gelo assoluto sulla panchina del Milan; i giocatori in campo non ci credono ancora, mentre i tifosi del Liverpool continuano a sostenere la squadra in maniera sempre più veemente. I Reds però hanno esaurito tutte le energie, comprensibilmente, anche perché recuperare una partita così ti toglie tanto. I rossoneri non riescono a creare nulla; si va dunque ai supplementari
Possiamo solo immaginare come i calciatori del Milan siano rientrati negli spogliatoi dopo aver subito una rimonta del genere; recuperare la concentrazione non sarà stato affatto semplice. Si ritorna in campo, ma nell’extra time non cambia nulla: da una parte il Liverpool non ne ha più, sta solo cercando di portare il match ai calci di rigore, dopo aver dato tutto; dall’altra, i rossoneri sembrano aver accusato il colpo e non riescono a reagire.
Poi l’occasione: a tre minuti dal fischio finale, quando i rigori sembravano ormai certi, cross di Serginho dalla sinistra per Shevchenko, che è solo al centro dell’area di rigore; colpisce di testa e Dudek risponde, poi prova il tap-in da due passi ed il portiere polacco fa il miracolo: parata, si va ai rigori.
La sequenza dei rigori è una vera e propria tortura per entrambe le squadre; Liverpool e Milan sono sfiniti, ma sanno che tutto si deciderà dagli 11 metri. Sbaglia Serginho, sbaglia Pirlo, sbaglia Shevchenko. I Reds sono campioni d’Europa, scrivendo la storia in una delle finali più belle della coppa dalle grandi orecchie; per il Milan, invece, è un incubo da cui ci vorranno mesi, anni per riprendersi.
Milan (4-3-2-1): Dida; Cafù, Stam, Nesta, Maldini; Gattuso, Pirlo, Seedorf; Kakà; Shevchenko, Crespo. Allenatore: Ancelotti.
Liverpool (4-4-1-1): Dudek; Finnan, Carragher, Hyppia, Traorè; Luis Garcia, Gerrard, Xabi Alonso, Riise; Kewell; Baros. Allenatore: Benitez.
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