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Il primo tifoso della storia del calcio

Ti sei mai chiesto chi sia stato il primo tifoso della storia del calcio? E soprattutto che squadra tifava?! Scopilo in questo articolo!

“Ma chi è quello?! Perché si comporta così?!”
Queste parole si sentivano spesso nello stadio Gran Parque Central di Montevideo.
Tutti erano incuriositi dalla presenza di un uomo dai baffi folti, dalla corporatura robusta, i vestiti da lavoro e soprattutto da un trasporto emotivo insolito fuori dal comune.

Ma chi era quest’uomo? E cosa stava facendo di tanto strano?

Per capire meglio la situazione è necessario fare un passo indietro. Siamo agli inizi del 1900 e il calcio sta cominciando a espandersi in tutto il mondo. Le città portuali sono le prime a essere contagiate. Quelle sudamericane, in particolare.

Montevideo non fa eccezione. I marinai inglesi, durante i loro viaggi, erano soliti portare con sé un pallone di cuoio e nei momenti di svago organizzare partite schierandosi 11 contro 11, toccando la palla solo con i piedi per cercare di indirizzarla verso una porta. Il gioco è coinvolgente e attrae l’interesse di locali e altri migranti: Il calcio è appena arrivato oltre oceano.

Montevideo e lo sviluppo del calcio

Montevideo, all’epoca, è una città prospera economicamente, ricca di cultura e caratterizzata da un ambiente internazionale che coinvolge tutti. I migranti in cerca di fortuna e i marinai che vi si fermano a lungo creano un clima ideale e fertile per la nascita e la rapida crescita del calcio.

L’Uruguay è un paese quasi nuovo con un’identità da costruire e una mentalità aperta all’innovazione. E per costruire una cultura e un’identità non c’è niente di meglio dello sport. Soprattutto se lo sport ha origini aristocratiche e un coinvolgimento popolare. Un mix perfetto che non esclude nessuno.

Il Fútbol (come lo chiamano da quelle parti) è una delle poche cose al mondo che eguaglia tutti. Grandi e bambini. Ricchi e poveri. Persone colte ed analfabeti. Il calcio nasce per pochi ma ben presto diventa proprietà di tutti.

La nascita del Nacional e la sua popolarità

Nel 1899 un giovane gruppo di studenti universitari uruguayani fonda il Club Nacional de Fútbol. Un anno dopo, vista la crescente popolarità dello sport e la necessità di espandersi, si decide di costruire lo stadio Gran Parque Central. La squadra raccoglie sempre più simpatie da parte di un pubblico incuriosito, e pian piano lo stadio comincia a riempirsi. Partita dopo partita, c’è sempre più gente.

All’epoca il calcio seguiva fortemente le influenze britanniche. Il Fair Play era alla base di tutto. Si assisteva alle partite di calcio come a sport più “nobili” come il rugby o il polo, con freddezza e rigidità. Urla e schiamazzi non erano contemplati tra i giocatori, figuriamoci sugli spalti. Chi assisteva alle partite a Montevideo vestiva in modo elegante: giacca e cravatta erano il dress code minimo, mentre le signore sfoggiavano pomposi abiti in linea con la moda dell’epoca. Tutto questo nonostante i campi spesso fossero polverosi e il gioco non si fermasse sotto nessuna condizione meteorologica. Insomma, un clima paradossale in contrapposizione con il gioco stesso. Ma non durerà a lungo questa situazione.

“El hincha”

Ma tra tutto il pubblico fedele alle influenze anglosassoni, spiccava un signore che viveva la partita in prossimità della linea di fondo campo. Spesso si posizionava dietro la porta per dare indicazioni al portiere e viveva la partita con un trasporto emotivo assolutamente disallineato dagli standard vittoriani che gli inglesi avevano provato a imporre.

Questo signore si chiamava Miguel Prudencio Reyes Viola, ma tutti lo chiamavano “el gordo” (che in spagnolo vuol dire “il grasso”). El gordo aveva una selleria a Montevideo e, oltre ad aggiustare selle e ferri di cavallo, cercava di arrotondare lo stipendio lavorando con il Nacional. Al Nacional, “el gordo” era benvoluto da tutti ed era un tuttofare prezioso per la squadra. Avendo a che fare con il cuoio, era suo il compito di gonfiare i palloni e ripararli in caso di necessità.

Così, Miguel Prudencio cominciò ad assistere a tutte le partite dei suoi ragazzi, con la passione di chi ha a cuore non solo una squadra, ma un’identità. Viveva la partita come un tifoso. El gordo intonava cori per i suoi ragazzi, insultava gli avversari, alzava le braccia al cielo ed esultava in modo incontenibile quando la sua squadra segnava, e si disperava, diventando furibondo, quando subiva un gol.

Questo suo modo di vivere la partita iniziò a suscitare prima sgomento e poi curiosità sugli spalti. Le persone si chiedevano: “Ma chi è quello?! Perché si comporta così?!”
La risposta era sempre una: “El hincha.” Che non è altro che l’abbreviazione di hincha balones, che in Uruguay e Argentina si traduce come “gonfiapalloni”.

Poco a poco, sempre più persone rimasero affascinate dal modo di vivere la partita di quest’uomo robusto, con i baffi e i vestiti sportivi. El gordo rappresentava il popolo, i ceti più umili di Montevideo, quelli che rendevano la città il cuore pulsante dell’economia e della cultura del continetnte. In poco tempo, le persone si organizzarono in gruppi, cominciarono a cantare insieme, ad abbracciarsi dopo i gol, a insultare gli avverasari e inneggiare i propri beniamini. Dopo la nascita del primo tifoso, l'inevitabile e naturale conseguenza fu la nascita della prima tifoseria.

Ancora oggi in Sudamerica la parola “tifoso” si traduce “hincha”, e la “curva” si chiama “hinchada”, derivato dalla stessa radice. La parte calda del pubblico si posiziona ancora oggi dietro la porta, in onore di Miguel Prudencio, che aveva dato il via a questa nuova tradizione: il tifo, la parte più bella del calcio.

L’omaggio a Miguel Prudencio Reyes Viola

Oggi, al Estadio Gran Parque Central di Montevideo, c’è una statua che rappresenta Miguel Prudencio Reyes. Un omaggio meraviglioso a un uomo che, con la sua passione, le sue emozioni autentiche e soprattutto il suo modo di viverle, ha dato inizio a tutto ciò che rende il calcio lo sport più seguito al mondo.

Se il calcio oggi attira migliaia di tifosi negli stadi e davanti alla televisione è perché è considerato molto più di uno sport. Il calcio oggi è economia, politica, socialità, ma soprattutto passione. E il merito di tutto questo passa anche per la voce di don Miguel Prudencio Reyes Viola, il primo tifoso della storia del calcio.

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