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Fernando Morientes
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Gerrard, le notti al Bernabeu e l'impresa sfiorata con il Monaco. Fernando Morientes si racconta ai nostri microfoni

Intervista a Fernando Morientes, storico attaccante deglli anni 2000. Vincitore di 3 UEFA Champions League e una carriera in giro per l'Europa nei migliori club e con i migliori giocatori del continente.

L’intervista a Fernando Morientes inizia parlando dei primi anni della sua carriera. Il centravanti comincia la sua avventura tra i professionisti tra le fila dell'Albacete e presto viene acquistato dal Saragoza. In entrambe le squadre segna parecchi gol e attira l’attenzione del Real Madrid. A soli 21 anni si ritrova circondato da campioni e catapultato in uno dei migliori club al mondo. Dopo il primo anno con i blancos Morientes può già sfoggiare una UEFA Champions League in bacheca.

Quando hai 13, 14, 15 anni e vedi che il tuo sogno di diventare un calciatore professionista si sta avverando, ovviamente cerchi di fare tutto nel migliore dei modi. Io sono stato fortunato sotto questo punto di vista perché è successo tutto in maniera molto veloce. Ho vissuto degli eventi molto belli, sportivamente parlando, e ho vissuto il tutto con molto entusiasmo e molta voglia di mettermi in gioco. Ovviamente, man mano che si cresce professionalmente, cresce anche il livello di responsabilità, ma allo stesso tempo era ciò che desideravo da sempre.”

L'arrivo al Real Madrid di Morientes

Morientes arriva a Madrid molto giovane e partiva da dietro nelle gerarchie di squadra. Davanti a lui c’erano giocatori come Mijatovic e Suker e in quel periodo c’era anche Raul. Lui, come è normale che sia, inizia la sua esperienza un po’ dietro le quinte, ma poi passo dopo passo si è conquistato la fiducia dell’allenatore e si è assunto la responsabilità che ricade sul centravanti del Real Madrid. Tutto l’entusiasmo velocemente si trasforma in una grande responsabilità e molta pressione. Qualcosa di logico nel Real Madrid. "Ho compiuto questo passo con naturalezza. In quel momento mi sentivo molto preparato per questo salto ed è per questo che sono rimasto molto tempo al Real Madrid".

Morientes confessa che la UEFA Champions League si era trasformata in un’ossessione per il Real Madrid. In quel momento erano 32 anni che i blancos non si aggiudicavano la coppa dalle grandi orecchie. “Il Real Madrid aveva bisogno di Coppe dei Campioni 'a colori' affinché tutti in Europa rispettassero il Real Madrid. Le 6 coppe vinte a cavallo tra gli anni '50 e '60 risultavano un po’ antiquate.

Riscattare un digiuno lungo oltre tre decenni è stata un’emozione unica. “Non chiedetemi cosa sia, ma è vero che al Bernabeu si vivono notti straordinarie che non puoi spiegare.

L'esperianza al Monaco e il rammarico per la finale di UEFA Champions League

Dopo l'esperienza con i galacticos, Morientes viene ceduto in prestito al Monaco. A Montecarlo ritrova la titolarità e i gol ed è protagonista di una stagione incredibile che culmina con il raggiungimento della finale della UEFA Champions League. Morientes sarà il anche massimo marcatore della competizione.

Ci racconta, non senza rammarico, che sarebbe rimasto volentieri a Valdebebas per giocarsi il posto e che inizialmente non vedeva di buon occhio il prestito. Ma l'occasione di rimettersi in gioco e di dimostrare il suo valore lo portarono ad accettare la corte del Monaco.

“Arrivammo in finale di UEFA Champions League contro ogni pronostico poiché nessuno credeva in noi. Penso che non ci credevamo neanche noi stessi.” Ci spiega che “quello che contraddistingueva il Monaco era tanta gioventù, tanta fame e un grandissimo allenatore: Didier Deschamps.” Lo spagnolo racconta che l’allenatore francese preparava ogni partita in modo che si pensasse solo ed esclusivamente a quella partita e a nient’altro. Tutto quello che succedeva veniva percepito come se fosse un premio.

Morientes poi si apre spiegandoci della strana emozione vissuta nei quarti di finale contro il Real Madrid. “Per me ha avuto un impatto importante sul piano emotivo perché in quel momento io continuavo ad appartenere al Real Madrid. Averli di fronte è stato molto difficile, ma alla fine è andata bene. Loro non erano nella loro miglior versione e noi abbiamo approfittato di questo entusiasmo, questa gioventù e questa fame che avevamo in squadra e abbiamo passato il turno.”

L’ex centravanti continua spiegando che una volta arrivati in semifinale la squadra si sentiva già appagata. La gente pensava che fosse il massimo a cui avrebbero potuto aspirare, eppure la squadra ha eliminato anche un grande Chelsea e si è guadagnata un posto in finale.

Morientes parla della finale con un po’ di rammarico: “Credo che in finale ci sia mancata un po’ d’esperienza. Io mi rendevo conto che avevo già giocato 3 finali e che per me era una partita che avevo già vissuto, però notavo un certo nervosismo nella squadra che poi si è infiltrato negli allenamenti prima della finale. Molti di loro non avevano neanche mai giocato una competizione europea e all’improvviso si ritrovavano catapultati in una finale di UEFA Champions League. A molti giocatori la responsabilità e la pressione li ha un po’ bloccati, ma è normale, è successo anche a me nella prima finale.”

L'avventura al Liverpool. Il sogno di giocare in Premier League e una coppa dalle grandi orecchie vinta dietro le quinte

L’atmosfera che si respira ad Anfield è speciale. Io venivo da un ambiente magico come il Bernabeu, ma l’atmosfera che si respira ad Anfield, sia in Premier che in Champions, è degna di nota”.

Quando è arrivata sul tavolo l’offerta del Liverpool, non ci ho pensato due volte, ogni calciatore professionista dovrebbe sognare di giocare in Premier League". Negli anni de Liverpool si giocava un calcio molto “all’inglese”, quindi molto fisico e molto intenso. Nella sua voce e nelle sue parole si nota un pizzico di rammarico per l'esperienza inglese durante la quale non si è mai sentito al massimo della forma fisica.

Lo spagnolo continua raccontandoci un simpatico aneddoto riguardante la famosissima finale di Istanbul vinta contro il Milan: “Ci siamo qualificati per la finale, ma non mi hanno potuto iscrivere alla lista UEFA perché avevo già giocato con il Real Madrid. Ho vissuto la cavalcata da dentro, ma senza poter partecipare in campo. Allora, quando c’erano le partite, andavo sempre in tribuna con gli altri giocatori infortunati o non convocati. Quando finì la finale volevamo scendere in campo a festeggiare, o meglio, volevano, io inizialmente non volevo. Loro volevano scendere, ma gli steward non li lasciavano entrare perché non li riconoscevano, nonostante avessero addosso la tuta del Liverpool. Allora mi chiesero il favore di mediare con gli steward, che mi riconobbero e ci lasciarono entrare. Ancora oggi, di tanto in tanto, mi ringraziano.”

Poi Morientes ci spiega com’è condividere lo spogliatoio con una leggenda come Steven Gerrard: “È il leader della squadra, la gente lo venera, è una leggenda per i tifosi. Si nota che c’è un vincolo molto speciale tra Gerrard e i tifosi del Liverpool. Lo percepii soprattutto quando il Chelsea provò ad acquistarlo e ci fu una delusione talmente grande tra la tifoseria che potevi percepirla anche nella città. Era una delusione talmente forte che i tifosi sembravano quasi disinteressati sia agli allenamenti che alle partite. L’unica cosa che gli importava era cosa sarebbe successo con Gerrard. Era il giocatore che risolveva le partite da solo, aveva una personalità travolgente. Un tipo forse un po’ introverso, io che non parlavo inglese non ho mai connesso del tutto con lui, ma era un giocatore davvero speciale, qualcosa fuori dal normale. Ho vissuto un’esperienza simile solo con Raul al Real Madrid. Per i tifosi era come un figlio, se le cose andavano male non succedeva nulla e se andavano bene era il migliore.”

Il difensore più più ostico mai incontrato? un nome inaspettato

Dopo aver sentito queste parole sui compagni di squadra, la curiosità sui rivali era inevitabile. Così non potevamo non chiedere a un centravanti di razza come lui quale fosse stato il difensore più forte che abbia incontrato e la risposta ci ha abbastanza sorpreso: “Quando mi fanno questa domanda rispondo sempre la stessa cosa: ho giocato contro tutti i migliori difensori della mia epoca, però c’era un giocatore argentino che a me piaceva particolarmente come difendeva: Fabian Ayala. Senza essere troppo alto, staccava molto bene di testa, era molto forte fisicamente ed era veloce, era molto intuitivo e viveva le partite in maniera eccezionale. Ho giocato molte volte contro di lui, ma poi è stato un mio compagno di squadra al Valencia. Non mi piaceva giocare contro di lui perché mi metteva in difficoltà, è uno di quei giocatori che sei felice di avere come compagno di squadra.”

Differenze e analogie tra il Bernabeu, Anfield e il Velodrome

Morientes ha giocato per squadre di grande blasone come Real Madrid, Liverpool e Marsiglia e ci ha spiegato le analogie e le differenze tra il Velodrome, Anfield e Bernabeu: “Sono molto passionali sia nei momenti positivi che in quelli negativi, ma a Liverpool meno. Io dico sempre che al Liverpool, quando le cose andavano male, a me sorprendeva che la gente continuasse a tifare la squadra e applaudire i giocatori. Era difficile che i tifosi se la prendessero con la squadra o qualche giocatore in particolare. Questa credo sia la grande differenza con il Real Madrid e il Marsiglia.

A Marsiglia ho giocato una sola stagione e ho vinto il campionato e la coppa. Quindi non ho vissuto momenti negativi, ma poi ho visto dalla televisione che quando le cose non vanno bene diventa un ambiente molto complicato. Mentre nel Bernabeu c’è passione. Soprattutto per la trasformazione dello stadio quando si gioca il campionato o la UEFA Champions League.

In Liga c’è un tifo molto più tranquillo, c’è meno trasporto. Ma quando si gioca la UEFA Champions League cambia tutto. Dal primo minuto la gente si trasforma, anche nei momenti peggiori tutti continuano a credere nella rimonta e spingono la squadra all’impresa. Tra le grandi analogie c’è soprattutto l’abitudine a vincere. Sono tifosi abituati a vincere e sono esigenti. Se vanno allo stadio è per vedere la propria squadra vincere, non perdere o pareggiare. Questa è la virtù delle grandi tifoserie".

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