Simone Inzaghi come José Mourinho? Ci sono elementi di contatto tra l’Inter del Triplete e quella attuale che però ha visto sfumare gli altri obiettivi. Dal Bernabeu all’Allianz, i tifosi sperano nel medesimo epilogo.
Dal Santiago Bernabeu all’Allianz Arena. Da Madrid a Monaco di Baviera. Cambia la location ma non l’obiettivo dell’Inter che resta quello di alzare la coppa dalle grandi orecchie. Nel 2010 i nerazzurri salirono sul tetto d’Europa e successivamente del mondo con una vera e propria corazzata guidata da José Mourinho. Quello fu l’anno dello storico triplete, il più importante in assoluto nella storia del Biscione. Organizzazione difensiva estremamente solida, ampia disponibilità di campioni e attacco terribilmente concreto con Diego Milito le principali armi di quel gruppo.
A distanza di 15 anni ci riprova Simone Inzaghi ad incidere il nome dell’Inter ancora una volta nell’albo d’oro della UEFA Champions League. Sarebbe la quarta per il club lombardo: un traguardo soltanto sfiorato nel 2023 con il ko di misura rimediato con il Manchester City. Evidentemente all’epoca i tempi non erano maturi, oggi forse sì.
Nel caso, non si potrebbe certamente parlare di asso pigliatutto considerato che i nerazzurri si sono fatti soffiare sia lo scudetto che la Coppa Italia. Ma ora questo non conta più. Ciò che è prioritario è completare la missione anche per incrementare le similitudini che si sono fatte tra la squadra attuale e quella di allora. Dei paragoni che proviamo ora ad analizzare, cercando di individuare quali sono effettivamente gli elementi in comune.
Il Napoli ha sottratto all’Inter lo scettro di campione d’Italia. Ma ciò non toglie che quella nerazzurra sia una squadra forte e lo ha dimostrato proprio in Europa. In UEFA Champions League, il team di Simone Inzaghi si è fatto largo passando attraverso avversari come Manchester City, Arsenal, Bayern Monaco e Barcellona: praticamente tutto il meglio che il continente può offrire in questo momento. Come nel passato, dunque, si può fare affidamento sul giusto mix tra talento ed esperienza.
A guidare il gruppo ci sono calciatori come Lautaro Martinez e Nicolò Barella ma più che nei singoli la vera forza è nel collettivo. Di stelle in campo nel 2010 ce n’erano di più ma anche loro avevano uno spirito gregario. Basti pensare a Samuel Eto’o che per la causa da centravanti diventava anche terzino all’inseguimento dell’ala di turno. Questo atteggiamento di sacrificio c’è tuttora, nonostante si parli di Inter come una squadra in là con gli anni. L’esempio più evidente è la corsa di Acerbi per andare a segnare il 3-3 con il Barcellona al 93esimo minuto di una partita infinita.
Barcellona che poi fu anche l’avversario della doppia semifinale del 2010. E che si è ripresentato anche a questo giro consentendo ancora una volta all’Inter di approdare in finale di Champions. Oggi come allora i blaugrana hanno fatto tremare i nerazzurri, partendo in entrambi i casi da favoriti. In epoca mourinhiana a tenere in vita il club lombardo ci pensò Julio Cesar. Nella memoria dei tifosi rimangono immortalate le parate del brasiliano nei confronti di Lionel Messi. La Pulce adesso gioca ancora ma nella Major League Soccer americana.
La sua eredità l’ha raccolta il baby fenomeno Lamine Yamal. A fermare il 17enne campione d’Europa con la Spagna ci ha pensato un superlativo Sommer. Tra i salvataggi dell’estremo difensore svizzero c’è soprattutto quello fatto nei tempi supplementari. Da Julio Cesar a Yann Sommer la porta dell’Inter è rimasta ben blindata. Quanto meno a prova di Barcellona.
L’Inter è sempre stata una delle squadre più argentine d’Italia, con un legame speciale nei confronti del Paese sudamericano. Se nel 2010 il capitano era Javier Zanetti, oggi la fascia è sul braccio di Lautaro Martinez. Anche se sarebbe più corretto paragonare il Toro a Diego Milito, per questioni di ruolo e affinità realizzative. Il Principe segnò 6 gol in tutto in quell’edizione rimasta nella storia per il Triplete dell’Inter. L’attuale numero 10 dei nerazzurri ne ha segnati 9 invece. A prescindere, entrambi sono stati trascinatori dei rispettivi gruppi. Un passaggio di consegne quasi scontato.
Per il resto i moduli sono decisamente differenti. 4-2-3-1 per Mourinho e 3-5-2 per Inzaghi. In entrambi i casi, però, massima attenzione alla fase difensiva. Con il portoghese anche Eto’o e Pandev erano chiamati a dare una mano così come per il piacentino anche gli attaccanti devono partecipare alla fase passiva. La forza, comunque, rimane sulle fasce. Se un tempo c’era Maicon oggi c’è Dumfries a far volare l’Inter.
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