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La Grecia che vinse l'Europeo nel 2004

Rivivi le emozioni dell’Europeo del 2004. Riscopri l'incredibile percorso della Grecia!

Il bello del calcio è la sua imprevedibilità. Se il calcio non fosse imprevedibile sarebbe come guardare un film e conoscere già il finale. Nel calcio, come nella vita, tante cose si possono prevedere ma non sempre la logica poi si allinea alla realtà. Siamo così affascinanti da un gioco che prevede 22 uomini e un pallone, perché le sue dinamiche sono incredibilmente simili a quelle della vita. In entrambi gli scenari i più ricchi sono più favoriti al successo. Quelli più ricchi possono permettersi di avere in squadra anche i più bravi. E nella maggior parte dei casi gli scenari più probabili sono quelli che alla fine effettivamente si realizzano.

Eppure, qualche volta c’è ancora spazio per sognare. Può succedere di non essere né il più il ricco né il più bravo e ritrovarsi comunque con la possibilità di combattere per i propri sogni. Anche quando sembra impossibile. A quel punto entrano in gioco fattori come il coraggio, la perseveranza, la caparbietà e anche la fortuna. Nel momento in cui ci si ritrova a fronteggiare determinate dinamiche il calcio, come la vita, si dimenticano delle premesse. I favoriti non lo sono più tanto e le sorprese cominciano a intravedere spiragli di realizzabilità. La fortuna è aleatoria e il coraggio, la caparbietà e la perseveranza assumono una dimensione meritocratica che premia i valori e non le finanze. L’idea che vince sul contesto a prescindere da tutto.

Di questi esempi il calcio ce ne ha regalati più di qualcuno. In Inghilterra Claudio Ranieri ha permesso di sognare al mondo intero grazie alla Premier League conquistata dal suo Leicester. In Spagna il Deportivo la Coruña con la vittoria de La Liga. In Germania il Leverkusen di Xabi Alonso quest’anno ci ha dimostrato che con l’impegno e la preparazione si possono sconfiggere anche titani come il Bayern Monaco. In ambito internazionale invece la Croazia ha stupito tutti arrivando a giocarsi la finale del mondiale nel 2018, come ha fatto la Repubblica ceca nel 1996 agli Europei.

Poi ci sono addirittura paesi che si sono tolti la soddisfazione di vincerlo il titolo nonostante le previsioni non li annoverassero tra i favoriti. Come per esempio la Danimarca nel 1992, che in quell’Europeo non avrebbe dovuto neanche esserci e poi grazie al ripescaggio si è ritrovata campione.

Ma la sorpresa più grandi tutti, quella più inaspettata di sempre, rimarrà per sempre la Grecia del 2004.

La svolta in panchina

Per capire meglio il livello della nazionale ellenica nel 2004 è bene ricordare che i biancoblù non prendevano parte a un grande torneo internazionale dal 1994 quando vennero eliminati al girone del mondiale americano con 0 punti conquistati e 0 gol segnati.

Nel 2001 la federazione decide di affidare la panchina a uno specialista di miracoli: Otto Rehhagel.

L’allenatore tedesco ha portato in alto il Werder Brema facendogli vincere due dischi della Bundesliga, due coppe nazionali, 3 Supercoppe e una storica Coppa delle Coppe. Come se non bastasse nel curriculum dell’allenatore teutonico c’è anche una 2 Bundesliga conquistata nel 1997 con il Kaiserslautern e l’anno dopo un incredibile campionato vinto da neopromossi.

Il tecnico affascinato dalla magia che regalano certe sfide decide di accettare la panchina greca. L’avventura inizia malissimo con un 5-1 subito in Finlandia. A quel punto il pragmatismo del tedesco lo porta a sistemare le cose con una parola d’ordine: semplicità.

La prima cosa da fare è aggiustare la difesa. Una linea a 4 solida coperta da una seconda linea a 4 a centrocampo e due punte pronte a ripiegare in caso di necessità devono essere la struttura di una squadra che ha bisogno di aprire un nuovo ciclo. Prima è importante imparare a difendersi poi davanti con un po’ di cinismo i risultati arriveranno.

Il nuovo assetto della Grecia funziona e nelle qualificazioni europee arrivano addirittura un punto sopra la Spagna di Raul, Morientes e Xavi.

L’Europeo

La Grecia arriva in Portogallo pronta ad affrontare l’Europeo con la leggerezza di chi non ha niente da perdere. Gli ellenici sono inseriti in un girone molto complicato. C’è il Portogallo padrone di casa, la Spagna già affrontata nelle qualificazioni con tanta sete di vendetta e la Russia che è sempre una squadra pericolosa.

L’organico di Rehhagel inaugura il torneo al Do Dragao di Porto contro i padroni di casa. L’entusiasmo è alle stelle, poche settimane prima in questo stadio è arrivata la Champions League conquistata dalla squadra di casa sotto la guida di José Mourinho. Chiaramente tanti giocatori di quella squadra campione d’Europa giocano anche in nazionale, in più hanno a disposizione fuoriclasse come Figo, Rui Costa e un giovanissimo Cristiano Ronaldo pronti a mettersi in mostra di fronte al proprio pubblico.

La Grecia non si scoraggia e con freddezza trova il vantaggio dopo soli 7 minuti. C’è euforia ma la partita è ancora lunga. Il Portogallo sbatte continuamente contro il disciplinato e granitico muro costruito da Rehhagel. Al 51esimo c’è un calcio di rigore e la Grecia raddoppia. Il Portogallo si innervosisce a tenta uno sterile possesso che non preoccupa mai realmente la Grecia. Alla fine i lusitani scardinano la difesa greca con Cristiano Ronaldo ma siamo al 93esimo e non c’è più tempo per provare nuovi assalti. La Grecia inizia il suo europeo col botto ma è ancora presto per esaltarsi.

Nella seconda partita la Spagna colpisce a freddo dopo 28 minuti ma i biancoblù non si scompongono. Continuano a giocare un calcio semplice. Al 66esismo il bomber Charisteas pareggia i conti e firma il definitivo 1-1. Nella terza partita i greci abbassano la guardia e si lasciano superare 2-1 dalla Russia già eliminata. La differenza reti è favorevole agli ellenici che volano ai quarti.

Ai quarti c’è una delle peggiori nazionali possibili: i campioni in carica francesi.

La Francia però sta vivendo un ricambio generazionale e le certezze trovate nel glorioso mondiale del 1998 e il trionfante Europeo del 2000 non sono più così solide. I transalpini son pallidi e privi di spunti, i greci non lasciano spazio e il loro cinismo li porta a una vittoria per 1-0. Ad Atene sono increduli: la Grecia in semifinale.

Il tabellone sembra voler sorridere all’impresa dei mediterranei e mette di fronte la Repubblica Ceca che aveva vinto il suo quarto contro la Danimarca.

Anche qui c’è lo stesso copione delle altre partite: fase difensiva curata in maniera maniacale e contropiedi letali. Ancora una volta 1-0. Un’altra vittoria ottenuta con il minimo vantaggio necessario.

La squadra e i tifosi non sono più nella pelle. La Grecia è in finale degli Europei per la prima volta nella sua storia.

La finale

Al Da Luz di Lisbona è tutto pronto per la finale. Nessuno crede che la Grecia possa davvero compiere l’impresa. Il cinismo, la bravura e un pizzico di fortuna li hanno condotti fin qui ma non sembra esserci spazio per un lieto fine. La differenza tecnica con il Portogallo è abissale. Inoltre i lusitani hanno lo stadio completamente dalla loro parte e conoscono già l’avversario. Risulta difficile che una squadra con un’esperienza e una caratura tecnica simile si lasci sconfiggere per ben due volte da una nazionale calcisticamente umile come quella ellenica.

La Grecia imposta il match come tutti gli altri. Il Portogallo ci prova ma le linee difensive degli avversari sono strette e unite. L’estro dei portoghesi non riesce a trovare sfogo. Poco prima dell’ora di gioco la Grecia conquista un calcio d’angolo. La squadra riempie l’area e la palla arriva sulla testa del bomber Charisteas che con freddezza sigla l’1-0. Il cuore dei tifosi greci si riempie di gioia e per la prima volta cominciano a credere davvero in un sogno che fino a pochi giorni prima sembrava un’utopia. I padroni di casa continuano a spingere ma i difensori greci sono galvanizzati dal vantaggio e sembra quasi che provino gusto a soffrire e respingere ogni avanzata portoghese. Alla fine arriva il triplice fischio e la Grecia è ufficialmente campione d’Europa. La gara di chiusura del torneo si conclude esattamente come era iniziato: con una vittoria della Grecia ai danni del Portogallo.

I rossoverdi sono affranti, consapevoli di aver sprecato un’occasione d’oro. I tifosi greci presenti al Da Luz sono incontenibili e ad Atene la gioia invade le strade e le piazze della città.

La Grecia vince il massimo titolo continentale con un calcio umile, più attento “a non prenderle che a darle”, in contrapposizione con quel tipo di calcio estetico che siamo abituati a ricercare quasi ossessivamente.

Ancora una volta il calcio dimostra che le premesse, i contesti, le finanze, i nomi, la storia e tutti quei fattori che possono portare alla vittoria, sono utili ma mai fondamentali. Il calcio è di tutti, soprattutto di quelli che non si arrendono e non smettono di sognare e la Grecia lo ha ribadito con fermezza.

Rehhagel ha compiuto un altro miracolo, quello più bello e più importante della sua carriera: riportare la Grecia nell’olimpo.

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