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Serie A: scusate il ritardo, Napoli ricomincia da 3

Festa grande nella città partenopea per il terzo scudetto degli azzurri: il gol di Osimhen a Udine dà inizio alle celebrazioni.

Un po' la notte di Capodanno, un po' il carnevale di Rio. Napoli vince e festeggia per tutta la notte. Fuochi d'artificio, suoni di trombette, sventolio di bandiere, sciarpe e festoni in una città che si stava preparando con cura all'appuntamento da mesi, in barba a ogni scaramanzia. Lo scudetto, di fatto, era diventata una pratica da archiviare, visto l'ampio vantaggio in classifica sulle inseguitrici. E le celebrazioni sono iniziate ufficialmente al fischio finale della sfida di Udine.

Udinese-Napoli, di Osimhen il gol scudetto

Il gol che ha dato il via ai festeggiamenti non poteva che essere il suo. Victor Osimhen, capocannoniere della Serie A, ha fatto 22 e ha fatto diventare realtà un'attesa durata 33 anni. La rete di Lovric, nel primo tempo, aveva zittito trombette e spento bengala. La risposta del nigeriano, dopo una respinta di Silvestri su tiro di Kvaratskhelia, ha ridato fiato e vigore agli entusiasmi, a cominciare dai cori dei 50mila che si sono radunati allo Stadio Maradona per assistere alla proiezione del match dai maxischermi. Poi, una volta chiuso sul pari il match della Dacia Arena, la festa ha avuto inizio. Spontanea, esuberante, colorita, interminabile. Una festa scudetto in salsa partenopea, vissuta con tutto il coinvolgimento, la partecipazione e l'intensità dei tifosi azzurri.

Gli architetti dello scudetto: Spalletti, Giuntoli e De Laurentiis

Ma di chi è figlio questo scudetto, il terzo della storia del Napoli, uno dei tricolori vinti con più ampio margine nell'intera parabola della Serie A? Del presidente De Laurentiis, anzitutto, che in estate ha dato il via a una rivoluzione: via Insigne, Mertens, Koulibaly, Fabian e Ospina, cinque senatori. Dentro giovani di belle speranze come Kvaratskhelia o Raspadori, ma anche calciatori pescati in campionati lontani dalla ribalta, come Kim, o in attesa di rigenerazione, come Ndombele. 

E chi li ha scovati questi campioni? Giuntoli, il ds che grazie al lavoro dello scouting e alle sue personalissime intuizioni è riuscito a ridisegnare una squadra reduce dal terzo posto, rendendola ancora più forte. Il lavoro di campo, poi, l'ha fatto Spalletti. Dopo i due titoli in Russia alla guida dello Zenit, il tecnico di Certaldo ha finalmente vinto in Italia. Lo ha fatto a Napoli, coniugando il bel gioco ai risultati, riuscendo a creare quell'alchimia tra squadra, pubblico e società che è forse il principale segreto della grande stagione azzurra. 

La squadra: capitan Di Lorenzo e gli altri campioni d'Italia

Una rosa di primo livello, quella del Napoli. In porta Meret, che ha avuto fiducia dopo gli anni del dualismo con Ospina. A destra capitan Di Lorenzo, un esempio per compagni e tifosi: appena cinque anni fa giocava in C, è diventato campione d'Europa con la nazionale italiana e d'Italia col Napoli. In mezzo Rrahmani e Kim, coppia impenetrabile, a sinistra Mario Rui e Olivera, pronti ad alternarsi senza polemiche. In mezzo le geometrie di Lobotka, miglior regista del campionato, protetto dai muscoli di Anguissa e supportato dai fraseggi di Zielinski o Ndombele. 

In attacco Lozano o Politano sulla destra, coi loro dribbling e accelerazioni, i gol di Osimhen e di Simeone, rincalzo di lusso, le grandi giocate di Kvaratskhelia e i guizzi di Raspadori, che non ha giocato con continuità ma che ha messo la firma su vittorie preziose come quella sullo Spezia a inizio campionato o come quella sulla Juve allo Stadium. E poi la panchina, ricca e di qualità: Gollini, Juan Jesus, Ostigaard, Bereszynski, Demme, Gaetano, Zerbin. I campioni d'Italia sono loro.

La longa mano de Dios sul trionfo del Napoli

Ma c'è spazio anche per un pizzico di poesia in questo trionfo del Napoli. Sono tante, impressionanti le analogie col primo storico scudetto azzurro, quello del 1987. Trionfo targato Maradona. Anche allora l'Argentina si era laureata campione del mondo un anno prima, anche allora il Napoli era reduce da un terzo posto. Anche allora, forse, la squadra azzurra era accreditata di un ruolo da outsider, non certo da grande favorita. 

Napoli che ha vinto il suo terzo scudetto giocando le partite casalinghe in uno stadio dedicato proprio a Diego Armando Maradona. E non solo. Il murales realizzato per il Pibe de Oro, ai Quartieri Spagnoli, è diventato una delle mete turistiche più gettonate della città, come il Maschio Angioino, Piazza Plebiscito, Mergellina e il lungomare. “Scusate il ritardo” e “Ricomincio da tre”, avrebbe detto il grande Massimo Troisi per commentare il terzo tricolore del Napoli. Sono passati 33 anni, ma ne è valsa la pena. E forse, questo tricolore è soltanto l'inizio. Tutta Napoli se lo augura di cuore.

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