L'annuncio a sorpresa del presidente De Laurentiis: l'ex Roma, reduce dalla breve esperienza in Arabia Saudita, è l'erede di Luciano Spalletti.
Il nome che non ti aspetti. Rudi Garcia è il nuovo allenatore del Napoli: niente Luis Enrique, niente Vincenzo Italiano e nemmeno Galtier, il presidente De Laurentiis si affida al francese ex Roma per il dopo Spalletti. Un’eredità pesante per un tecnico che in carriera, inutile negarlo, non ha raccolto chissà quali risultati fantasmagorici: solo una Ligue-1 e una Coppa di Francia con il Lilla (per giunta nella stessa stagione, nel 2010/11).
Se parliamo del palmares, niente altro da segnalare. Ma, ovviamente, non possiamo fermarci qui, perché a Napoli sono tutto tranne che sprovveduti: Garcia, e questo è probabilmente l’aspetto che ha convinto la dirigenza partenopea, è allenatore che fa giocare bene le sue squadre, un maniaco dei particolari e delle trame in velocità. A Roma ne sanno qualcosa, come testimoniano due secondi posti alle spalle di una Juventus imbattibile, con tanto di filotto entusiasmante di 10 vittorie consecutive nella stagione 2013/14. Meglio di lui ha fatto solo…Luciano Spalletti (proprio lui), protagonista con un filotto di 11 successi di fila nel 2005/06.
Garcia è un tecnico che ama il bel gioco, lo dimostra la sua carriera e non solo il biennio alla guida dei capitolini giallorossi. Per questo, è per noi un passaggio obbligato cercare di capire come il classe ‘64 potrà schierare una squadra che quest’anno ha dato spettacolo, in Italia e in Champions League. Due i moduli possibili: il 4-3-3 (con cui gli azzurri hanno vinto il terzo Scudetto della loro storia) e l'altrettanto offensivo 4-2-3-1.
Tra i due sistemi di gioco, però, c'è un abisso: con il classico 4-3-3 Garcia seguirebbe la strada tracciata da Spalletti, con un centrocampo guidato da un Lobotka libero da compiti di interdizione e un attacco dominato da Osimhen e Kvaratskhelia. Tutt’altro discorso qualora Garcia dovesse optare per il 4-2-3-1, modulo che rischierebbe di penalizzare maledettamente lo stesso Lobotka, giocatore che non ha le caratteristiche per agire in una linea mediana composta da soli due elementi.
Dall’altro lato, però, questo assetto tattico potrebbe favorire Zielinski (che potrebbe agire da rifinitore alle spalle dell’unica punta Osimhen) e ovviamente un Giacomo Raspadori voglioso di riscatto dopo un’annata in cui ha trovato poco spazio. L’impressione, a conti fatti, è che lasciare la strada vecchia sia un rischio veramente grosso: rompere gli equilibri potrebbe risultare fatale, soprattutto in un campionato che l’anno prossimo si preannuncia più combattuto.
Partiamo dalla fine della prima esperienza in Italia di Rudi Garcia: dopo due stagioni e mezza, nel gennaio 2016, il 59enne originario di Nemours viene esonerato dalla dirigenza romanista e sostituito proprio da Spalletti, che iniziava così la sua seconda esperienza in giallorosso. Più di sette anni dopo, i fattori si invertono: Spalletti esce di scena (ma da vincente) ed entra in gioco un Rudi Garcia in cerca di riscatto dopo le ultime annate a vuoto.
Sì, riscatto, perché il francese non è riuscito ad imporsi nemmeno in Arabia Saudita, la terra del nuovo calcio. Due mesi fa, la fine dell'esperienza tutt'altro che gratificante con l’Al-Nassr: ha il tempo di saggiare le doti di Cristiano Ronaldo, ma - una volta che la vittoria della Champions araba assume i contorni dell'impresa impossibile - ecco le strade che si dividono. Risoluzione consensuale, non possiamo dunque parlare di esonero vero e proprio: curiosamente, l'unica società a licenziare Garcia è stata proprio la Roma, un motivo in più per il francese per fare bene in Italia. Con l’obiettivo di portare in dote qualche trofeo.
Tra la breve avventura saudita e la prima esperienza in Italia, cinque stagioni senza infamia e senza lode nella Ligue 1: dal 2016 al 2019 una quarta piazza e due quinti posti con il Marsiglia, poi un settimo e un quarto posto con il Lione. Insomma, cinque stagioni e nemmeno una qualificazione in Champions League centrata (ricordiamo che in Francia sono le prime tre a conquistare il pass per la massima competizione europea).
Facciamo un bel salto all'indietro: la primissima esperienza in panchina di Garcia risale al 2001, quando viene chiamato al capezzale del Saint-Etienne poi retrocesso nella B francese. Dopo c'è il soddisfacente quinquennio con il Digione: nel 2004 la promozione dal Championnat National (Serie C transalpina) alla Ligue 2, categoria che lo vede protagonista sempre nel lato sinistro della classifica.
Nel 2007 l'anno importantissimo con il Le Mans, prima vera esperienza in Ligue 1: nono posto e il passaggio al Lilla, dove vince il titolo nel 2011 valorizzando giocatori come Moussa Sow, Gervinho e soprattutto il fuoriclasse Eden Hazard. Attaccanti veloci, come lo sono i vari Osimhen, Kvaratskhelia e Raspadori: è la storia che si ripete?
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