Nello storico torneo nato nel 1883 gli azzurri sono stati ammessi solo nel 2000. Da allora tantissime sconfitte e qualche vittoria degna di nota come quella all’esordio con la Scozia.
Francia, Galles, Inghilterra, Irlanda, Italia e Scozia. Sono queste le protagoniste del Sei Nazioni, consueto ed atteso evento annuale di rugby che in questa edizione andrà in scenda dal 4 febbraio al 18 marzo. Ma la conformazione della kermesse non è sempre stata questa. Originariamente l’Italia, non proprio una delle corazzate più attrezzate nella storia dello sport della palla ovale, non era contemplata nel novero delle invitate a parteciparvi. Il torneo nacque infatti nel 1883 con una cerchia di partecipanti ristretta ad appena quattro squadre. Soltanto in seguito, poi, la competizione modificò il suo assetto oltre che il suo nome introducendo prima la Francia e poi l’Italia, chiamata finalmente nel mondo dei grandi soltanto nel 1998 per esordire successivamente due anni dopo.
Già quello fu un successo, in attesa di capire cosa avrebbe raccontato poi il campo con la consapevolezza delle difficoltà cui si sarebbe andati incontro. Il racconto dell’Italia al Sei Nazioni, infatti, non è esaltante come quello dei Mondiali di calcio. In quattordici occasioni i rappresentanti dello Stivale hanno anzi raccolto il cucchiaio di legno in qualità di ultima classificata. Ma non di sole sconfitte è fatta la vita della nostra Nazionale: nel mezzo c’è un mondo di imprese memorabili, nel loro piccolo, che hanno dato lustro a un movimento che è considerato comunque di prima fascia nel panorama rugbistico.
Correva l’anno 2000. Il nuovo millennio si apriva nel verso giusto per l’Italia del rugby che poteva finalmente fare il suo esordio nel Sei Nazioni. Allo stadio Flaminio di Roma l’avversario era la temibile Scozia ma anche gli azzurri avevano tra le proprie fila qualche carta da giocarsi per sparigliare la tavola apparecchiata dai britannici. Il precedente dell’altra nazionale aggiunta, la Francia nel 1910, non era lusinghiero: i cugini d’Oltralpe avevano rimediato il cosiddetto cappotto con una drastica terapia d’urto per accoglierli come peggio non si poteva tra le big dello sport della palla ovale.
L’Italia invece arrivò carica e pronta all’appuntamento, forte anche della presenza del suo numero dieci, in quella circostanza particolarmente ispirato. Ci riferiamo ovviamente a Diego Dominguez che vestì i panni del trascinatore segnando tre drop e sette punizioni consegnando alla squadra trenta punti. A chiudere i giochi, per la prestigiosa e inattesa vittoria sugli scozzesi, ci pensò poi De Carli con la meta decisiva al settantottesimo minuto. Alla fine il trofeo se lo aggiudicò l’Inghilterra ma l’Italia il suo piccolo grande traguardo lo aveva comunque portato a casa.
Sotto la guida di coach Bradley Ronald “Brad” Johnstone, ex AllBlack, gli azzurri si presentarono come meglio non potevano giustificando la propria presenza nell’élite. Purtroppo quell’impresa rimase unica per un po’ di tempo: nelle quattordici partite successive la Nazionale infatti perse sempre, bucando completamente le edizioni del 2001 e del 2002.
Insomma, per qualche annetto da raccontare, in merito alla nostra Nazionale, ci fu poco e nulla. Meglio allora accelerare i tempi e passare direttamente al 2003. Il lungo digiuno fu interrotto ancora una volta all’esordio, ma in questa circostanza di fronte c’era il Galles piegato 30 a 22 e con i soliti protagonisti in copertina: per Diego Dominguez sono quindici i punti portati in dote, con De Carli, Festuccia e Philipps a tenere alta la bandiera.
Per arrivare al primo successo in trasferta bisogna andare invece al 2007 quando a Murrayfield gli azzurri schiantarono nuovamente la Scozia con il punteggio di 37 a 17. Fu un momento magico per l’Italia, seguita da seimila appassionati che videro i propri beniamini partire a razzo con tre mete in appena sette minuti di gioco come a voler mettere subito le cose in chiaro.
Una delle vittorie più belle, considerata anche la rivalità con l’avversario, arrivò nel 2011 contro la Francia, già battuta un po’ di anni prima a Grenoble. I precedenti erano nettamente a favore dei Galletti, il ché avvalorò ancora più l’importanza dell’affermazione azzurra con una rimonta sensazionale firmata da Masi e Bergamasco. Qualche sprazzo di gioia in un contesto certamente complicato nel quale l’Italia prova comunque a farsi valere con le proprie piccole grandi armi a disposizione. Una storia di passione e resilienza, dove talvolta si riesce anche a godere. E quando accade, è ancora più bello.
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