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  1. Calcio

Pep Guardiola: i trofei vinti, il gioco e lo stile del tecnico più forte al mondo

Vincere tanto e avere ancora fame. L’ha inseguita a lungo la Champions, unico trofeo importante che ancora mancava nella bacheca del suo City e ieri ce l’ha fatta dopo una rincorsa di sette anni. 

Ci sono allenatori che devono partire dal basso per costruirsi una propria carriera. Basti pensare a Maurizio Sarri, con un percorso partito da Stia per arrivare dopo tanti anni a vivere la Serie A – con club come Napoli, Juventus e Lazio – e la Premier League alla guida di una società importante come il Chelsea. O Vincenzo Italiano, per citare qualcuno particolarmente in voga in questo periodo che nel giro di qualche anno è passato dal Virgontina San Paolo alla Fiorentina e alla Conference League e dopo chissà dove. 

Poi ce ne sono altri che invece riescono a godere dei benefici di un curriculum di altissimo livello da calciatori per aprirsi le porte immediate del calcio che conta, bypassando qualche step. Inevitabilmente il primo nome che viene in mente è quello di Josep Guardiola ma di esempi, non sempre riusciti appieno, il mondo del calcio ne è davvero pieno. 

Lo spagnolo, però, ha rappresentato qualcosa di unico anche all’interno di questa categoria. Perché nel suo caso parliamo quasi di genio istantaneo, catapultato dal campo alla panchina del Barcellona dopo un breve periodo di apprendistato nella cantera blaugrana. E con risultati incredibili che hanno profondamente segnato la storia di questo sport ed anche la maniera in cui oggi lo viviamo.

Il tiqui taca di Barcellona e lo scarso feeling col mondo Bayern

Se chiedete a Fabio Capello, vi risponde che il guardiolismo ha fatto qualche danno. In tanti hanno pensato di poter tagliare tutti quegli step intermedi che ti consentono di crescere in maniera graduale, per arrivare poi al vertice. La verità è che di Guardiola ce n’è uno solo, unico e inimitabile. Se da giocatore era riuscito a calcare i palcoscenici più importanti, facendo tappa anche in Italia con esperienze al Brescia e alla Roma, è da allenatore che ha avuto modo di cambiare anche in modo significativo la storia di questo sport. 

Il suo Barcellona ha fatto scuola: Joan Laporta lo sceglie per guidare i catalani quando Pep aveva appena trentasette anni ed una sola esperienza, sempre tra le fila dei culés ma con la formazione B. Il salto tra i grandi non gli comporta particolari problemi, anzi. L’impatto è immediato: al primo anno centra immediatamente il Triplete. Ma non si tratta soltanto di risultati, che certamente contano, eccome. Questi sono gli anni del tiqui taca, un modo di giocare praticamente unico e che trova in Xavi-Busquets-Iniesta degli interpreti meravigliosi. 

Possesso palla, gioco prevalentemente orizzontale e palla sempre tra i piedi. Davanti poi ci pensano i mostri: Messi su tutti, ma anche Eto’o e Thierry Henry. Nei quattro anni di Barcellona Guardiola alza la bellezza di quattordici trofei tra i quali due Champions League, vinte entrambe in finale contro il Manchester United. Sono questi gli anni in cui nasce il mito.

Il Manchester City e la nascita di una lunga storia d’amore

Impossibile fare più di questo, così Guardiola lascia il Barcellona e dopo un anno sabbatico decide di ripartire dal Bayern Monaco. Sembra il binomio perfetto ma l’estrosità dell’allenatore spagnolo non riesce a sposarsi con la rigidità teutonica: arrivano comunque i titoli come tre scudetti, due coppe nazionali, una Supercoppa UEFA e la terza Coppa del Mondo per club, competizione della quale Guardiola detiene ancor oggi il record di vittorie condiviso con Carlo Ancelotti. 

Ma al termine del triennio i bavaresi salutano il mister di Santpedor che stavolta però non si ferma ma trova immediata collocazione in Premier League con il Manchester City, che nel proprio management ha una colonia spagnola formata dagli amici Ferran Soriano e Txiki Begiristan. Qui Guardiola trova la sua dimensione definitiva per un rapporto che dura ancora oggi dopo sette lunghi anni. Sono anni di successi, che modificano sensibilmente storia e dimensione di un club che era già in ascesa ma che aveva bisogno di consacrarsi tra le grandi del mondo. 

La Champions al City unico tassello mancante di un tecnico che ha fatto scuola

La Champions, vinta due volte con il Barcellona, è stata a lungo il tarlo di Guardiola al Manchester City. Ci ha impiegato sette anni, nei quali soltanto una volta ci è andato realmente vicino perdendo però la finale. Stavolta l’allenatore spagnolo ce l’ha fatta salendo a quota trentaquattro trofei vinti e raggiungendo Mircea Lucescu nella classifica all time. Davanti a loro soltanto un mito come sir Alex Ferguson che di titoli ne vinse quarantanove. Da oggi, però, Pep avrà un peso in meno oltre che la possibilità di allargare ulteriormente la bacheca con altre gemme. Sempre al City, tra i suoi amici e dove ha trovato la sua casa. 

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