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Balotelli 2-0 Germania
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La Storia degli Europei di calcio

Dal pallonetto di Panenka al gol di van Basten. Dal rigore di Totti contro l’Olanda a quello di Saka parato da Donnarumma. Rivivi la storia di tutti gli Europei!

Gli Europei sono uno dei tornei più entusiasmanti per gli appassionati di calcio. Ogni 4 anni si sfidano i migliori giocatori del continente in partite sempre ricche di emozioni. In questo articolo ripercorriamo storicamente tutte le edizioni dal 1960 a oggi.

1960: il primo Europeo della storia va all’ Unione Sovietica

Nel 1957, una decisione epocale scuote le fondamenta del calcio europeo: nasce il Campionato europeo di calcio, la Coppa Henri Delaunay, dedicata al primo segretario UEFA, il defunto Henri Delaunay, visionario tra i promotori di un torneo continentale di nazioni.È l'epoca in cui le nazioni europee, già unite in altre sfere come quella economica e dell'energia, trovano ora un'altra forma di unione: il calcio, lo sport che batte nel cuore del Continente.Le qualificazioni per la prima edizione dell'Europeo vedono la partecipazione di diciassette nazionali, con sorprendenti assenze come Inghilterra, che in quegli anni snobbava tutto il calcio che non fosse britannico, Germania Ovest, Italia, Belgio, Svizzera e Olanda.Queste maestose selezioni si sfidano in accesi duelli, in partite di andata e ritorno, fino agli emozionanti quarti di finale. Ma è nella fase culminante, nelle scintillanti semifinali, che il palcoscenico si accende con la presenza di Francia, Unione Sovietica, Cecoslovacchia e Jugoslavia. E il destino vuole che la Francia ospiti le emozioni dal 6 al 10 luglio 1960.

All’epoca la fase iniziale si giocava in modo classico, una partita in casa e una in trasferta. Solo le semifinali e la finale si disputavano in sede unica.Il palcoscenico del 1960, tra Parigi e Marsiglia, vede brillare quattro partite, ma è la finale che incanta il mondo calcistico. Unione Sovietica e Jugoslavia si fronteggiano in una danza di talento e passione. E al termine di un duello epico, i sovietici si ergono trionfanti con un 2-1, i gol di Metreveli e Ponedelnik illuminano il cielo, mentre Galic per gli jugoslavi lotta con fierezza siglando il gol che dimezza le distanze ma non basta. Il terzo gradino del podio è conquistato dalla Cecoslovacchia, che supera una valorosa Francia.

1964: il gol della Spagna che non ha visto nessuno

4 anni dopo il calcio continua ad essere lo sport più in ascesa del momento. Questa volta anche l’Italia e i maestri del calcio inglesi decidono di mettersi in gioco. C’è l’esordio anche del Portogallo di Eusebio.Come nell’edizione precedente la fase iniziale si gioca andata e ritorno in casa delle nazioni coinvolte mentre la fase finale verrà ospitata da una delle 4 semifinaliste.L’Italia di Rivera e Mazzola si ferma agli ottavi bloccata dalla superiorità fisica dell’URSS mentre la Francia fa capire all’Inghilterra che nonostante siano gli inventori del gioco, non sono poi così superiori.

Alla fase finale arrivano Danimarca, Jugoslavia, URSS e Spagna. Ad aggiudicarsi gli onori dell’organizzazione è il paese Iberico. Il dittatore Franco decide di utilizzare la visibilità del campionato europeo come strumento politico per attrarre le simpatie del popolo.La Danimarca, sorpresa di questa edizione, con l’organico composto da semi-dilettanti, perde 3-0 contro i sovietici. Mentre La Spagna si impone contro la Jugoslavia.La Finale è Spagna-URSS. Per Franco è un incubo. L’onta di una possibile sconfitta sarebbe inaccettabile. Si vocifera che il generale spagnolo abbia addirittura provato ad annullare l’incontro. Rispetto a 4 anni prima però le cose cambiano e così allo stadio Santiago Bernabeu di Madrid si presentano ufficialmente 79.000 persone ma cronache dell’epoca parlano addirittura di 125.000 presenti stipati in ogni angolo della struttura.

La Furia Roja gioca un bel calcio ma l’URSS regge grazie a un’incredibile preparazione atletica. Alla fine Luisito Suarez e compagni si aggiudicano il titolo.In questa finale avvenne un fatto curioso. Il gol decisivo della Spagna, quello del definitivo 2-1, non venne mai ripreso dal Camera-man che si distrasse proprio nell’istante decisivo. Nei bar di tutta la spagna, gremiti per vedere il proprio paese campione del continente, andò in onda uno schermo nero per diversi istanti.I giorni successivi venne rimandato in onda il gol ma fu editato dai tecnici televisivi. Il segreto verrà rivelato alla nazione solo nel 2007.

1968: una moneta conferisce la gloria all’Italia

Il 1968 è stato un anno molto movimentato. I giovani di tutta Europa scesero nelle piazze per manifestare una volontà di cambiamento. L’Italia non è esclusa. Sportivamente parlando il paese era ancora afflitto dalle deludenti prestazioni dell’europeo precedente ma soprattutto a quelle legate al mondiale 1966 quando l’Italia venne eliminata clamorosamente dalla Corea del Nord in una delle partite più sofferte della storia della nazionale italiana.

I rinnovati entusiasmi e le nuove speranze spinte dai venti rivoluzionari che stavano stravolgendo il paese devono aver influenzato anche l’Italia calcistica. L’Italia non solo arriva alla fase finale del torneo ma si aggiudica anche l’organizzazione. Le 4 semifinaliste sono Inghilterra, Jugoslavia, Italia e la solita Russia.

Gli slavi eliminano i campioni del mondo in carica dimostrando una grandissima tecnica abbinata a polmoni d’acciaio. Mentre la partita tra Italia e URSS è una vera e propria battaglia. Entrambe le formazioni attanagliate dalla paura di una sconfitta

Non riescono a esprimere il proprio talento e sembrano più preoccupate ad annullare quello avversario. La partita finisce con un insipido 0-0. All’epoca non erano previsti supplementari e nemmeno rigori. Quindi a decidere chi andrà in finale sarà una monetina. Capitan Facchetti spavaldo e quasi sicuro di avere la fortuna della propria parte va negli spogliatoi a giocarsi il destino di una nazione intera. Il San Paolo di Napoli, oggi stadio Diego Armando Maradona, trattiene il respiro per pochi istanti che sembrano trasformarsi in secoli. Fino a quando il terzino interista esce sorridente dagli spogliatoi e con la sua esultanza annuncia che gli azzurri saranno in finale.

Nella finale contro la Jugoslavia dell’Olimpico la partita finisce 1-1 ma stavolta la posta in palio è troppo importante per essere affidata al fato. Si rigioca due giorni dopo. Riva e Anastasi decidono la finale e gli azzurri esplodono di gioia. I due attaccanti saranno il simbolo di quella nazionale e di un popolo intero. Uno siciliano, l’altro lombardo, ma entrambi provenienti da famiglie umili. Il messaggio che passa è che non importa chi sei né da dove vieni, nella nuova Italia con sacrificio, impegno e talento, chiunque può arrivare ovunque.

1972: la gloria tedesca nel segno di un centravanti letale

Alla fase finale arrivano i padroni di casa del Belgio che avevano sconfitto l’Italia nel turno precedente, la Germania Ovest, gli immancabili sovietici e l’Ungheria.

A Liegi il Belgio non può nulla contro l’opportunissimo di un giovane Gerd Muller che sembra quasi avere una calamita in grado di attrarre la palla quando entra in area di rigore. L’altra semifinale viene aggiudicata dai russi che su 4 edizioni giocate conquistano la terza finale.

 All’Heysel di Bruxelles non c’è storia. Quando i giocatori dell’URSS provano ad attaccare trovano di fronte un muro chiamato Franz Beckenbauer e quando c’è da difendere c’è da marcare uno spietato Gerd Muller che mette la firma sul tabellino dei marcatori per altre due volte, il numero 13 in quegli anni è semplicemente immarcabile. Con un netto 3-0 la Germania si aggiudica il primo grande titolo dopo il mondiale del 1954 e pone le basi per la squadra che due anni dopo diventerà campione del mondo.

1976: la rivoluzione di Panenka e il successo della Cecoslovacchia

La fase finale del torneo si svolge in Jugoslavia. L’Italia non riesce a superare il girone vista la presenza di due mostri sacri come Polonia e Olanda rispettivamente semifinalista e finalista del mondiale tedesco svoltosi due anni prima. A giocarsi il trofeo tra Zagabria e Belgrado sono i padroni di casa, l’Olanda di Cruijff, la Germania di Muller e la Cecoslovacchia di Antonin Panenka.

Il paese ospitante non può nulla contro la macchina perfetta dei tedeschi che sembra involarsi verso il terzo titolo internazionale consecutivo dopo la conquista di europeo e mondiale nei quattro anni precedenti. L’Olanda crolla clamorosamente contro la Cecoslovacchia che si aggiudica una storica finale.

Nell’atto conclusivo, con grande stupore di tutti gli appassionati, la Germania non riesce a vincere nei 90 minuti e così si va ai rigori. Il peso decisivo dagli 11 metri spetta a Antonin Panenka. Centrocampista offensivo dei Bohemians di Praga con il numero 7 sulle spalle e i capelli lunghi che incorniciano un viso marcato dai baffi tipici di quella decade. Panenka sfruttando la tendenza dei portieri a battezzare un lato per poi tuffarcisi, decide di colpire la palla in maniera delicata con il collo del piede. Grazie a quella traiettoria a forma di cucchiaio, la palla entra in maniera lenta e beffarda davanti gli occhi increduli del portiere tedesco che ormai sbilanciato può solo restare a guardare.

La Cecoslovacchia si aggiudica l’europeo ma Panenka entra nella storia con un gesto sportivo che significa ribellione. Nel mondo del calcio c’è un prima e un dopo Panenka. Il pallonetto del ceco è paragonabile al salto di Fosbury. Un gesto folle, apparentemente insensato, fuori dagli schemi che però alla fine dei conti si è rivelato efficace.

1980: la testa di Hrubesch regala la seconda coppa ai tedeschi

Cambio storico per la formula degli Europei. Per la prima volta la fase finale comprende 8 squadre e la sede è scelta in precedenza. Il paese ospitante è direttamente qualificato. Ad aggiudicarsi gli onori di casa è l’Italia. Niente semifinali ma solo la fase a gironi e poi la finalissima.

Il calcio in Italia in quegli anni non gode di una buona opinione a causa degli scandali sportivi che hanno attanagliato il paese. La freddezza si sente anche negli stadi e questa destabilizza la rosa. L’Italia non riesce a qualificarsi per la finale di Roma e cede il posto a un sorprendente Belgio.

I diavoli rossi in finale incontrano la Germania che grazie all’eroe a sorpresa Hrubesch, bomber d’emergenza chiamato all’ultimo momento vista l’assenza dei due centravanti titolari, si laureano campioni d’Europa. “La bestia del colpo di testa” come veniva affettuosamente chiamato in patria in quella partita segna una doppietta e uno storico gol al 91esimo minuto, ovviamente con una prodezza aerea.

1984: Platini nuovo re di Francia

L’Italia campione del mondo non rispetta le aspettative e non riesce a qualificarsi per le finali, nel frattempo la sorpresa Danimarca con un calcio spumeggiante e una grande condizione atletica si ritaglia un posto tra le migliori 4 d’Europa. La Spagna con la tattica del contropiede riesce a raggiungere i danesi. La Roja grazie a una solida fase difensiva e una cinica precisione offensiva raggiunge la finale del Parco dei principi. Il Portogallo a Marsiglia dà del filo da torcere ai padroni di casa che spinti dal pubblico e guidati dalla classe della stella della Juventus, Michel Platini, approdano nella finalissima di Parigi. Contro l’arcigna Spagna a sbloccare il risultato ci pensa “le roi” ma non nella maniera in cui ci si aspetta, bensì con un tiro sporco che il portiere spagnolo goffamente non è riuscito a trattenere. La Francia dopo anni di buio rivede la luce e spera in un nuovo ciclo ma prima di raccogliere i frutti dovrà aspettare altri 14 anni.

1988: la rivincita dell’Olanda e il capolavoro di van Basten

A organizzare gli europei nel 1988 è la Germania Ovest. L’Italia di Azeglio Vicini giovane e sfrontata raggiunge le semifinali. La sfidante dell’Italia è l’Unione Sovietica di Lobanovski, maestro della tattica e cultore di una preparazione atletica che permetterà agli atleti sovietici di sovrastare gli azzurri. L’altra semifinale è il “remake” della finale del mondiale del 1974. Stavolta però l’Olanda la spunta e i padroni di casa rimangono clamorosamente fuori. In finale brillano le stelle del Milan. Gullit porta in vantaggio gli orange ma a prendere la penna e scrivere la storia è Marco van Basten.

Al nono minuto del secondo tempo una palla spiove in area e il numero 12 è defilato sulla destra. Senza pensarci troppo decide di calciare al volo e colpire con quella caviglia che lo ha fatto soffrire per una vita intera per poi ripagarlo con uno dei gol più belli della storia del calcio. Questo risulta essere il primo e unico trofeo internazionale dell’Olanda ancora oggi. Una rivincita per Rinus Michels, allenatore della squadra, che ha rivoluzionato per sempre il modo di stare in campo grazie alla sua visionaria filosofia del calcio totale.

1992: la favola della Danimarca

In quegli anni l’Europa è scossa dai cambiamenti politici dell’URSS e della Jugoslavia che si sciolgono. Da quel momento in poi tante nazioni rivendicano la loro indipendenza fino ad ottenerla. La transizione dell’URSS, quantomeno sportivamente passa per la CSI (Comunità dei stati uniti) mentre quella jugoslava è molto più sanguinosa. Violente guerre interne rendono impossibile la coesione di una nazionale unita.

L’Italia zoppica e non riesce a qualificarsi. Stesso discorso per la Danimarca che aveva fatto molto bene nelle edizioni precedenti.

La UEFA decide di inserire gli azzurri e i biancorossi come nazionali di riserva nel caso in cui una tra CSI e la nuova Jugoslavia non dovessero esserci.

Alla fine la Russia riesce a ottenere l’approvazione grazie alle modifiche geopolitiche avvenute in modo più o meno pacifiche mentre per la Jugoslavia non c’è niente da fare. Così a 11 giorni dall’inizio della competizione viene ripescata clamorosamente la Danimarca. I giocatori non si erano mai allenati insieme e non avevano minimamente preparato un torneo dal calibro simile con l’importanza che avrebbe meritato. La Danimarca senza nulla da perdere comincia a macinare vittorie che la conducono in semifinale. Qui incontrano l’Olanda campione in carica, ma a condannare gli orange è l’uomo che gli aveva regalato la gloria 4 anni prima: Marco van Basten. Il cigno di Utrecht sbaglia clamorosamente dal dischetto e la Danimarca vola in finale.

Mentre tutti i giocatori danesi si godono il ritiro e l’esperienza nella vicina Svezia c’è un giocatore che appena può rientra a Copenaghen. Si chiama Kim Vilfort e ha una figlia molto malata da accudire. Nonostante tutte le difficoltà scaturite dalle gravi condizione di salute della bambina, Vilfort ci tiene comunque ad esserci in ogni partita.

In finale a fronteggiare la Danimarca c’è la Germania che è campione del mondo in carica e risulta favoritissima. I calciatori tedeschi si sentono superiori in ogni ambito ma devono fare i conti con la forza di chi non vuole abbandonare un sogno. I danesi siglano la rete dell’1-0, i tedeschi provano a reagire ma non riescono a trovare la via del gol. Poi a pochi minuti dalla fine il destino decide di regalare a Kim Vilfort il gol più importante della storia del suo paese. Nessuno si meritava quella gioia più di lui. La Danimarca è eterna.

1996: il golden gol di Bierhoff

L’Inghilterra sconfigge l’Olanda per l’assegnazione dell’Europeo e dopo 30 anni dalla vittoria del mondiale torna a giocarsi un torneo tra le mura amiche. Gli sponsor e i diritti televisivi spingono la UEFA ad ampliare la fase finale e così per la prima volta si gioca un Europeo con 16 squadre. C’è anche un’inedita novità in questa edizione: il golden gol. Se la partita dovesse arrivare ai supplementari, la squadra che segna per prima si aggiudica la partita.

Gli inglesi arrivano in semifinale. Paul Gascoigne sfoggia tutto il suo talento e nella sentitissima partita contro la scozia. Il centrocampista raccoglie un lancio verticale eludendo il proprio marcatore con un sombrero per poi concludere con un destro al volo che non lascia scampo al portiere scozzese.

In semifinale però la nazionale dei tre leoni non riesce a sconfiggere la solita Germania che dopo essersi smarrita a USA 94 si redime raggiungendo l’ennesima finale della sua storia. Gli inglesi ai rigori sembrano essere stregati da una maledizione e dopo una serie incredibile in cui tutti sono andati a segno a sbagliare il rigore decisivo sotto il cielo di Wembley è Garet Southgate. Nell’altra semifinale la classe di Zinedine Zidane non riesce a scardinare la difesa della Repubblica Ceca. Sorpresa del torneo. Ai rigori i boemi hanno la meglio.

In finale contro la Germania i cechi partono da sfavoriti ma trovano la rete del vantaggio. La Germania approfitta della propria resistenza e riesce a pareggiare. Si va ai supplementari. Entra in campo Bierhoff, centravanti dell’Udinese considerato uno dei migliori colpitori di testa al mondo. Ai supplementari Bierhoff decide di raccogliere l’eredità dei “bomber di scorta” lasciata da Hrubesch e con una girata regala il terzo titolo alla Germania.

Euro 2000: la beffa di Trezeguet

Per la prima volta si gioca un Europeo in due sedi e i paesi designati sono Olanda e Belgio. Confermata la formula a 16 squadre in questa edizione si scontrano fuoriclase del calibro di Totti, Zidane, Bergkamp, Raul e tanti altri.

Gli azzurri si presentano con una delle formazioni più forti di sempre. Totti, Del Piero, Inzaghi, Nesta e Maldini sono solo alcuni dei nomi più di quella iconica rosa. La squadra allenata da Zoff è forte e arriva in semifinale dove incontra i padroni di casa dell’Olanda. Gli orange giocano un grande calcio e creano tantissime occasioni da rete. Ma non hanno fatto i conti con un fattore: l’Italia sotto pressione.

Storicamente la nazionale azzurra quando deve contrastare situazioni difficili si compatta e trova risorse e vie d’uscita inimmaginabili. In quel caso l’uomo della provvidenza è stato Toldo.

Il portiere para un rigore a De Boer durante i 90 minuti. Poi si presenta dal dischetto Kluivert che spedisce il pallone sul palo. L’Olanda continua ad attaccare ma la palla non sembra voler entrare. Si va ai rigori.

A questo punti gli olandesi sono quasi terrorizzati dalla presenza di Toldo che sembra avvolto da un’aura mistica in grado di fargli coprire l’intero specchio della porta. Il portiere azzurro è in stato di grazia e ipnotizza di nuovo De Boer. Staam spara alto. Nel frattempo si presenta dal dischetto Francesco Totti. Di fronte al capitano della Roma c’è un gigante come van Der Sar. Il fantasista rivolgendosi verso i compagni pronuncia a bassa voce l’iconica frase “mo je faccio er cucchiaio”. I compagni non ci credono. Un rischio che sembra troppo azzardato vista l’importanza della posta in palio. Il romano sistema il pallone dal dischetto e con una freddezza pari a quella di Panenka gela il portiere allora in forze alla Juventus. Dopo questo Toldo sventerà il quinto rigore della sua partita intercettando il tiro di Bosvelt. L’Italia è in finale.

Nel frattempo la Francia campione del mondo in carica supera il Portogallo e si aggiudica la finale.

Nell finalissima di Rotterdam l’Italia disputa un’ottima partita contro Zidane, Henry, Thuram e compagni riuscendo a trovare il vantaggio con Del Vecchio. La squadra resiste manca una manciata di minuti al triplice fischio ma Wiltord approfitta di un’incertezza di Cannavaro. La delusione è enorme e ai supplementari viene ulteriormente amplificata dalla rete di Trezeguet che grazie alla nuova formula del golden gol sancisce la fine della partita e regala ufficialmente ai transalpini il loro secondo titolo europeo.

 2004: la Grecia nell’olimpo del calcio

Il Portogallo nel 1999 si era aggiudicato l’organizzazione di questo Europeo e dopo 5 anni finalmente arriva il momento di mettere in mostra il proprio territorio, i propri stadi ma soprattutto il proprio calcio. I lusitani possono vantare giocatori molto talentuosi come Figo, Deco, Rui Costa e un giovanissimo Cristiano Ronaldo. Il Porto di José Mourinho ha da poco conquistato la Champions League e il calcio portoghese si è riappropriato di una stima e di un rispetto che da anni sembrava aver perso. Grazie alla spinta del pubblico di casa e l’entusiasmo creatosi attorno alla squadra i rossoverdi con un grande percorso arrivano alla finale di Lisbona.

L’Italia di Trapattoni dopo la delusione del mondiale asiatico vuole tornare a brillare ma, una serie di prestazioni altalenanti e il celebre “biscotto” tra Danimarca e Svezia che pareggiando 2-2 hanno negato agli azzurri l’accesso alla fase a eliminazione diretta.

Nel frattempo la Grecia si rivela la squadra rivelazione del torneo. In maniera rocambolesca e inaspettata gli ellenici si ritrovano a fronteggiare i padroni di casa nella finalissima del Da Luz.

Lo stadio del Benfica sembra pronto a essere il teatro dei festeggiamenti della nazionale di casa. La differenza tra le due rose è abissale. I valori tecnici non sono paragonabili. Seppur gli ellenici siano arrivati in massa per spingere la propria squadra all’impresa, competere numericamente contro chi gioca in casa non è mai facile.

Il Portogallo che nell’arco della sua storia non si è mai abituato a imporsi come una super potenza calcistica risulta nervoso e imbrigliato. La Grecia si difende con le unghie e con i denti fino a trovare il gol del vantaggio con Charisteas. Il 9 ellenico fa impazzire i compagni di squadra e la sua intera nazione. Capitan Zagorakis diventa il padrone assoluto della difesa e guida l’eroica resistenza che porta alla vittoria della coppa. Ancora oggi, l’Europeo vinto della Grecia, rimane una delle imprese sportive più inaspettate ed entusiasmanti di sempre.

2008: l’inizio del ciclo vincente della Spagna

Come era successo nel 2000 ancora una volta due paesi si ritrovano a organizzare l’Europeo. Questa volta tocca a Svizzera e Austria.

L’Italia di Donadoni mostra interessanti trame di gioco e buoni interpreti ma dovrà arrendersi ai rigori contro la Spagna.

La Furia Roja gode di una generazione di giocatori mai visti. In quell’anno sulla panchina del Barcellona siede un giovane Pep Guardiola che riprendendo le idee del suo maestro Johan Cruijff sviluppa uno stile di gioco basato sul possesso palla e sul continuo scambio di posizioni. Questo fraseggio ipnotico stanca gli avversari e li deconcentra fino a quando non si aprono spazi per poter colpire l’avversario. Ovviamente questa influenza viene ripresa anche da Aragones, tecnico della nazionale. Grazie a grandi interpreti e questo metodo innovativo la Spagna si assicura un posto nella finale di Vienna.

Ad affrontarli c’è la solita Germania. I tedeschi vengono dalla delusione di aver perso la semifinale del mondiale in casa contro l’Italia. Vogliono il titolo a tutti i costi.

La finale è tesa e le squadre non vogliono sbagliare nulla tatticamente. La partita si sblocca quando Xavi prova a pescare Fernando Torres in profondità. La difesa tedesca è alta ma l’esperienza e la velocità di Lahm sembrano essere sul pallone. Per sicurezza esce anche Lehmann. Il laterale del Bayern Monaco si fida del proprio portiere, Lehmann pensa che sia il numero 16 a dover intervenire e in questa incertezza sbuca a sorpresa, con l’irruenza e l’entusiasmo di un bambino, el niño, che si intrufola tra i due e con un pallonetto delicato beffa la Germania e regala alla Spagna un titolo che mancava da 44 anni.

2012: la Spagna è imbattibile

L’Italia presenta la candidatura ma viene beffata da Polonia e Ucraina. Gli azzurri guidati da Prandelli però disputano un grande europeo. Iconica la sfida ai quarti contro l’Inghilterra che si protrae ai calci di rigore. Pirlo nella serie dal dischetto beffa Joe Hart con un pallonetto morbidissimo che ricorda quello di Totti eseguito 12 anni prima nei confronti di van Der Sar. I tre leoni confermano il loro brutto rapporto dagli undici metri e l’Italia vola in semifinale. A Varsavia l’avversario è la Germania che sulla carta è favoritissima. L’Italia brilla con la coppia d’attacco ribelle composta da Cassano e Balotelli. Fanta Antonio inventa e Super Mario concretizza con una doppietta che manda in visibilio una nazione intera. La sua esultanza statuaria a mostrare i muscoli diverrà una delle immagini più iconiche dello scorso decennio calcistico.

Dall’altra parte c’è la Spagna che dopo aver conquistato l’Europeo in Austria e il mondiale in Sudafrica, ha oliato i meccanismi e gioca a memoria. Gli iberici arrivano in finale abbastanza agilmente soffrendo solo con il Portogallo che costringe Iniesta e compagni ad andare ai calci di rigori. Sarà decisivo l’errore di Bruno Alves che dovrà rimandare la gioia di una finale di 4 anni.

A Kiev l’Italia arriva senza i favori del pronostico e con tanta stanchezza accumulata in due sfide molto dispendiose. Il match non è mai in discussione. Segna dopo pochissimo David Silva, Chiellini esce per infortunio poco prima della fine del primo tempo raddoppia Jordi Alba. L’Italia non riesce a reagire. Thiago Motta si fa male ma Prandelli ha finito le sostituzioni. Torres mette la firma anche in questa finale e infine Juan Mata sancisce il definitivo, pesantissimo, 4-0. La Spagna è la prima nazione al mondo in grado di difendere il titolo.

2016: la rivincita del Portogallo

Dopo due Europei nei quali il torneo è stato ospitato da due nazioni si ritorna alla sede unica. È l’edizione della Francia.

Per la prima volta si amplia il numero di squadre da 16 a 24 e c’è spazio per tante sorprese. L’Islanda incanta tutta Europa grazie ai suoi tifosi. La nazione dei geyser si toglie anche la soddisfazione di eliminare l’Inghilterra. Nel frattempo il Galles di Gareth Bale raggiunge una storica semifinale ma qui dovrà cedere il passo al Portogallo di Cristiano Ronaldo. I padroni di casa disputano un grande europeo e sconfiggono in seminale la Germania per 2-0 grazie a una doppietta de “le petite dibale” Griezmann. L’Italia di Conte dopo superabene il girone sconfiggendo anche il Belgio, all’epoca annoverato tra i favoriti. Poi arriva il 2-0 alla Spagna agli ottavi e infine gli azzurri hanno dovuto cedere il passo alla Germania ai rigori in una delle serie dal dischetto più brutte della storia azzurra.

Nela finalissima di Parigi la Francia sembra essere favorita ma il Portogallo non vuole rinunciare a un sogno sfumato ormai troppe volte. Per i lusitani si infortuna anche Cristiano Ronaldo. Senza la propria stella la squadra fatica a costruire occasioni e la Francia sembra dominare in ogni zona del campo. Nonostante tutto però la partita finisce 0-0. Ma a 11 minuti dal triplice fischio entra Eder. Un onesto centravanti che fino a quel giorno aveva avuto un’umile carriera da mestierante tra Braga, Swansea e Lille. Nei supplementari, Eder riceve una palla spalle alla porta, fa a sportellate con Koscielny e in equilibrio precario riesce a rimanere in piedi e mantenere il controllo del pallone.

Con una postura rivolta più verso la linea laterale che verso la porta, il centravanti lascia partire un destro che sembra privo di potenza eppure il pallone rimbalza più volte davanti a Lloris che beffato dall’improvvisa traiettoria non riesce ad allungarsi sul pallone. 1-0. I rossoverdi resistono strenuamente fino a conquistare il titolo. Cristiano Ronaldo seppur non protagonista in finale si toglie anche la soddisfazione di aver vinto un trofeo internazionale con il suo paese. Ronaldo riesce dove non era riuscito Eusebio e dove non era riuscita la generazione d’oro del 2004.

2021: Wembley si tinge di azzurro

Per la prima volta nella storia l’Europeo si gioca in un anno dispari a causa della pandemia. Prima volta anche per una versione itinerante del torneo.

L’Italia gioca la partita d’inaugurazione all’Olimpico e si impone con un netto 3-0 ai danni della Turchia. Stesso risultato anche contro la Svizzera e infine arriva l’1-0 contro il Galles che permetterà alla nazionale di chiudere il girone a punteggio piano. Ai quarti c’è l’Austria. A Wembley l’Italia fatica e non riesce ad andare oltre lo 0-0. Un acuto di Arnautovic spaventa gli azzurri a pochi minuti dalla fine ma la rete viene annullata per fuorigioco. Ai supplementari un grandissimo gol di Chiesa e il sinistro di Pessina spediscono la nazionale ai quarti. A Monaco di Baviera c’è il Belgio di Lukaku e De Bruyne. Donnarumma si esalta, Barella firma di rabbia l’1-0 poi Insigne con il tiro a giro, specialità della casa, firma il definitivo 2-0.

L’Italia torna a Wembley per le semifinali e per la quarta edizione consecutiva trova ancora la Spagna (saranno cinque visto che si scontreranno anche in Germania al girone). Chiesa sigla un gran gol al quale risponde Morata.  La partita poi si blocca per la tensione e si decide ai calci di rigori. Ancora una volta è decisivo Donnarumma e l’Italia rimane a Londra per giocarsi la finale.

In finale, sulla carta, agli azzurri capita il peggior avversario possibile: l’Inghilterra.

Wembley è interamente schierato. Gli italiani sono sfavoriti e sotto pressione. Storicamente una combo in cui l’Italia sa esaltarsi. L’Inghilterra parte fortissimo e dopo pochi istanti trova la rete con Luke Shaw.  I tre leoni con il passare del tempo non riescono a scardinare la solidissima difesa italiana guidata da due veterani come Bonucci e Chiellini. I padroni di casa perdono certezze e l’Italia guadagna fiducia. Sugli sviluppi di un calcio d’angolo arriva il pareggio di Bonucci. A quel punto l’Italia diventa ancora più compatta. Come accaduto in semifinale la sfida si protrae ai calci di rigori. L’Inghilterra non riesce a spezzare la maledizione. Donnarumma ancora una volta decisivo con la parata su Bukayo Saka regala una vittoria che in Italia mancava da addirittura 54 anni.

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