Rivivi uno dei gol più belli della storia del calcio. Immergiti nel destro al volo di Marco van Basten.
“E l’ottavo giorno Dio creò Marco”
All’Olympiastadion di Berlino si gioca la finale del campionato Europeo tra Unione Sovietica e Olanda. E dalla curva degli orange si srotola uno striscione con queste parole dedicate a Marco van Basten.
Van Basten nel mondo del calcio è anche conosciuto come il cigno di Utrecht. Questo soprannome gli è stato affibbiato per l’eleganza con la quale conduce il pallone, lo passa e soprattutto, tira in porta.
In questa finale i Paesi Bassi hanno tutto da perdere. Partono da favoriti ma l’avversario è molto ostico. Qualsiasi cosa che non corrisponda con la conquista della coppa verrà considerato un fallimento. Un peso enorme per una nazionale che fino a quel momento ha già perso due finali mondiali e non può permettersi lo stesso destino per quella europea. Sulla panchina dell’Olanda siede Rinus Michels. Eletto come miglior allenatore del XX secolo. Un signore che nonostante si sia tolto parecchie soddisfazioni, non ce la fa ad arrendersi e chiudere la carriera senza un titolo vinto con la sua Olanda. Nonostante siano passati 10 anni dall’ultima finale e 14 dalla prima nella sua testa c’è un solo pensiero: vincere la coppa.
D’altronde lui più di ogni altro se lo meriterebbe. E anche il suo paese. Il calcio totale che nasce in Olanda ha condizionato per sempre lo sviluppo del gioco del calcio. Il Milan di Sacchi riprenderà quei concetti, il Barcellona di Guardiola e tantissime altre squadre. Un trofeo è il finale felice che tutti meritano.
Tra i giocatori che accusano di più questa pressione c’è Marco van Basten. Centravanti idolatrato da tutti gli amanti del calcio. Ma in cuor suo porta il peso di non aver fatto abbastanza.
La carriera del ragazzo di Utrecht sin da giovanissimo è stata condizionata da pesanti infortuni alla caviglia. Quando arriva a Milano è costretto a operarsi. La situazione è molto grave e il dolore è insopportabile per l’olandese. Il chirurgo è costretto a inserire due viti che tengano ferma l’articolazione del calciatore. Un’operazione complicata che va a buon fine ma richiede un lungo percorso di riabilitazione che terrà il numero 9 fuori dai campi a lungo.
Il Milan quell’anno vince lo scudetto. van Basten segna anche un gol decisivo al San Paolo contro il Napoli di Maradona ma l’estasi dei tifosi è riservata tutta a un suo connazionale: Ruud Gullit. Marco è stato fuori la maggior parte della stagione. Conosce il suo valore e sa quanto potrebbe essere utile il suo contributo. Vorrebbe essere lui il protagonista o quantomeno condividere le luci dei riflettori che in questo momento illuminano solo il suo compagno.
L’Olanda arriva in finale trascinata dalla strepitosa coppia d’attacco formata dai milanisti Gullit-van Basten.
La finale è una partita complicata. I sovietici corrono parecchio e sanno come difendersi. In contropiede potrebbero essere letali. A sbloccare la partita ci pensa proprio Ruud Gullit. Gli avversari lasciano completamente solo al centro dell’area il milanista che con un potentissimo colpo di testa non lascia scampo al portiere. Van Basten in quel momento è chiaramente felice. La sua nazionale si ritrova in vantaggio nella finale dell’Europeo. Ma qualcosa dentro di lui lo turba leggermente. Ancora una volta tutti gli applausi saranno per il suo amico. Quello che ha riportato lo scudetto al Milan. Quello che adesso ha il 10 sulla schiena e la fascia da capitano al braccio. Sente anche un po’ di repulsione nel provare questi sentimenti ma prova a lasciarsi andare il tutto e continua a giocare. Ciò che lo rincuora è quello striscione esposto a inizio partita. Almeno quello è dedicato a lui. Solo a lui.
Al nono minuto del secondo tempo si solleva in aria un pallone altissimo. Marco è defilato sulla destra per lasciare il centro dell’area alla possanza di Gullit. Come sempre.
La palla però è decisamente troppo alta e scavalca Gullit, allora Marco è lì, da solo e non sa se controllare quel pallone e affidarlo a un compagno, provare a crossare di prima alla ricerca del proprio numero 10 oppure…
Oppure tirare.
Marco ha ampiamente dimostrato di avere nel proprio repertorio tecnico quei colpi lì. Però stavolta è davvero troppo defilato, il portiere è sul primo palo e se dovesse centrare lo specchio della porta, cosa già quasi impossibile da quella posizione, il tiro comunque verrebbe respinto.
Marco alla fine decide di non pensare più a nulla. Decide semplicemente di vivere il momento presente ed essere sé stesso nella sua forma più pura. Vuole riprovare quella leggerezza che da bambino gli faceva provare le rovesciate, vuole smettere di pensare agli altri per concedersi qualcosa che sia solo per lui. Proprio come quello striscione di inizio partita.
Marco calcia e il suo destro disegna un arcobaleno in grado di sfidare le leggi della fisica e insaccarsi in rete. Gol. Il gol di Marco. Solo per lui. È il suo momento, bisogna festeggiare e lasciare da parte tutte le assenze, i dolori lancinanti, i turbamenti, i pensieri negativi. Si vive per momenti del genere.
van Basten in seguito ammetterà che con una caviglia con una sensibilità normale probabilmente quel pallone non sarebbe mai entrato. La rigidità dell’articolazione gli ha consentito di colpire come nessun altro sarebbe riuscito a fare. Ciò che fino a quel momento era stato la sua più grande sfortuna si è rivelato il fattore che gli ha permesso di siglare il gol più importante della storia del suo paese.
C’è un detto che dice che “tutto quello che succede conviene”. Difficile da capire quando succedono le cose brutte, come un dilaniante infortunio alla caviglia. Ma poi il destino, quando meno te lo aspetti ti fa ricredere.
Anche perché adesso in Olanda ce n’è un altro di detto e sono assolutamente tutti d’accordo: “E l’ottavo giorno Dio creò Marco”.
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