Se nessuno ha saputo tenere testa ad Alcaraz nel torneo londinese, in quello tedesco Bublik ha compiuto una vera e propria impresa superando sfide con livello di difficoltà sempre più elevato.
La certezza e la sorpresa. Doveva essere una settimana interlocutoria per il tennis internazionale ed invece è cambiato tutto, tra i tornei del Queen’s e quello di Halle. Anzitutto al vertice della graduatoria ATP non c’è più Novak Djokovic, nuovamente scavalcato da un Carlos Alcaraz nella consueta versione spavalda e implacabile. Quando è così il ventenne murciano è di fatto ingiocabile.
E sapeva fin dal principio Alex de Minaur, comunque protagonista di un torneo eccellente che ha confermato il suo trend positivo, delle difficoltà di un match quasi proibitivo e all’interno del quale avrebbe dovuto fare la cosiddetta prestazione perfetta per provare ad uscirne indenne. Così non è stato, in una competizione che è finita proprio nell’esatta maniera in cui ci si attendeva che terminasse, ovvero con l’undicesimo titolo in carriera dello spagnolo.
In sei mesi di 2023, Alcaraz ha già eguagliato il numero di trofei vinti nello scorso anno: preludio dei record che sono destinati ad essere presto infranti. Ma se da un lato non c’è stato spazio per qualche outsider nel tentativo di farsi strada, in Germania è andata esattamente all’opposto. Già, perché quasi dal nulla Alexander Bublik si è preso il suo primo titolo ATP 500 in carriera, nonché suo primo titolo di sempre su erba. Grazie a questo successo, che in seguito sviscereremo nel dettaglio, il kazako nato in Russia ha ottenuto il piazzamento in ventisettesima posizione: non era mai arrivato così in alto.
Si diceva che l’erba non fosse la sua superficie preferita. Ma Carlos Alcaraz è ormai forte ovunque: lo certificano i cinque titoli vinti nel giro di poco tempo, lo sentenzia la nuova classifica ATP che lo incorona ancora una volta numero uno assoluto. Chi si attendeva un calo da parte del giovano spagnolo è rimasto deluso. E dire che l’inerzia del torneo poteva in qualche modo favorire Alex de Minaur, arrivato all’appuntamento conclusivo della manifestazione con l’entusiasmo di chi aveva il vento in poppa: una corrente che poteva magari aiutarlo a superare anche l’ultimo ostacolo, quello più pesante di tutti.
Ma anche per l’australiano, che al contrario di Alcaraz, sull’erba è perfettamente a suo agio, meglio che altrove, non c’è stato nulla da fare, tant’è che ha dovuto rinunciare al balzo fino al quattordicesimo scalino della graduatoria. Merita comunque applausi de Minaur, che era riuscito a battere, tra gli altri, anche Holger Rune per la seconda volta dopo Acapulco.
A differenza del Messico, in questa occasione non è riuscito a completare l’opera. Per Alcaraz onestamente c’è poco da aggiungere. Dopo l’avvio stentato con Arthur Rinderknech non ha più sbagliato un colpo mettendo in fila Jiri Lehecka, Grigor Dimitrov, Sebastian Korda fino al già citato ventiquattrenne di Sydney. Incontenibile, e ora che anche su erba ha trovato modo di farsi valere, sarà ancora più complicato fermarlo.
È stata la settimana delle prime volte. Anche Alexander Bublik su erba non era mai riuscito a vincere. In Germania il torneo è stato per certi versi più appassionante rispetto al suo alter ego inglese. Se non altro per un esito più difficile da prevedere. Alla fine è stato il kazako ad aggiudicarselo e con ampio merito.
D’altro canto se batti nell’ordine Borna Coric, Jan-Lennard Struff, Alexander Zverev e Andrej Rublev significa che hai avuto realmente qualcosa in più degli altri. Anche un pizzico di fortuna, che non guasta mai e che si traduce con il match evitato contro Jannik Sinner. L’italiano avrebbe potuto mettere in difficoltà questa versione di Bublik? Non lo sapremo mai, perché lo sport non offre controprove.
La classifica ATP consente al ventiseienne di Gatcina un bel balzo in avanti: dalla quarantottesima posizione fino alla ventisettesima, che rappresenta per lui un nuovo record. Questo è soltanto il secondo titolo per Bublik: il primo lo aveva vinto a Montpellier nel febbraio del 2022 superando in quella occasione il tedesco Zverev. Potevano essere certamente di più se non avesse perso sei finali, due di queste proprio su erba a Newport nel 2019 e nel 2022.
Ora, senza abbandonarsi a particolari voli pindarici, però, è corretto buttarcelo un occhio su questo ragazzo in ottica Wimbledon. Sicuramente anche gli avversari lo prenderanno ancora più sul serio, anche perché potrebbe pure costituire la variabile pazza di una competizione bella e difficile. Purché, naturalmente, utilizzi questo successo da stimolo per costruirne altri: il bilancio nelle finali, ne ha vinte soltanto due su otto, è ancora in perdita.
Versamento minimo richiesto. Si applicano T&C, quote minime e limiti di tempo.