Gli Hammers sono stati coinvolti a lungo nella lotta per non retrocedere in Premier. Ma in Conference League il loro cammino è stato senza intoppi, fino ad arrivare alla finale con la Fiorentina.
Essere quasi retrocessi in Championship ma avere la possibilità di portare a casa un trofeo europeo. Può accadere anche questo nella turbolenta stagione del West Ham, in palese difficoltà nel proprio campionato nazionale ma implacabile fuori confine nella Conference League. Così gli inglesi, che nel frattempo hanno scongiurato il rischio retrocessione concludendo al quattordicesimo posto e toccando la fatidica soglia dei quaranta punti, si apprestano a sfidare la Fiorentina in un match che potrebbe ribaltare completamente il senso di una stagione.
Adesso c’è Praga, dunque, ad attenderli in questo gradevole surplus di un’annata dolceamara che potrebbe anche chiudersi con una ciliegina su una torta che nessuno sapeva ci fosse. D’altro canto questa competizione, nata appena un anno fa, ha proprio l’intento di concedere una chance a chi di solito ne ha poche. Sarebbe stato inverosimile vedere gli Hammers, arrancanti in Premier, in sentiero verso Istanbul oppure Budapest.
Qui invece hanno una possibilità, conquistata con merito attraverso un cammino che ora andremo ad analizzare. Limitiamoci per ora a dire che gli Irons non hanno una bacheca ricca di trofei. Non hanno mai vinto il campionato inglese nella loro storia cominciata nel lontanissimo 1985. Tuttavia qualche coppa nazionale l’hanno portata a casa e pure una Coppa delle Coppe ed una Coppa Intertoto, competizioni che non esistono più ma che danno lustro a un palmarès che i londinesi vorrebbero rimpinguare dopo un digiuno parecchio lungo.
La Premier è un campionato difficile. Lo sanno tutti e lo sa bene anche il West Ham che su trentotto partite ne ha perse addirittura venti. Poche squadre hanno subito più sconfitte degli Hammers che, nonostante ciò, hanno avuto comunque modo di salvarsi. In Europa il rendimento della compagine guidata da David Moyes è stato invece completamente opposto. Gli Irons hanno infatti stravinto il proprio girone, incamerando la bellezza di diciotto punti in sei gare. Praticamente un ruolino di marcia impeccabile che ha consentito ai londinesi di mettersi alle spalle Anderlecht, Silkeborg e FCSB.
Saltata così la fase intermedia degli spareggi, il West Ham si è ritrovato direttamente agli ottavi dove ci ha messo poco per sbarazzarsi dei ciprioti dell’AEK Larnaca. Dopodiché è stata la volta del Gent travolto all’Olympic Stadium dopo il pareggio in terra belga. Quindi l’ultimo atto prima della finale contro gli olandesi dell’AZ, battuti sia all’andata che al ritorno. Insomma, un percorso senza macchie condotto in scioltezza dall’inizio fino alla finale. Il prossimo passaggio, quello più delicato, sarà contro la Fiorentina di Vincenzo Italiano: certamente l’avversario sulla carta più complicato per il club dai colori bordeaux e azzurro.
Uno dei volti europei del West Ham è stato senza ombra di dubbio Michail Antonio. Il trentatreenne naturalizzato giamaicano ha siglato infatti sei gol in tutto il torneo: soltanto uno in meno del fiorentino Arthur Cabral. L’ultimo incrocio sarà anche l’occasione per un duello nella classifica dei marcatori della competizione, senza dimenticare Luka Jovic che sembra destinato alla panchina ma che comunque ha timbrato sei volte il cartellino. Per il resto è una squadra che non è sembrata particolarmente irresistibile nel corso dell’annata. Il giocatore di maggior talento è Declan Rice, mediano di ventiquattro anni alla settima stagione nel club con sede nel quartiere di Stratford.
Ci sono poi italiani e vecchie conoscenze della Serie A. L’ex Juve e Torino Angelo Ogbonna è uno dei veterani degli Hammers, mentre l’attaccante Gianluca Scamacca non è riuscito a mettersi in mostra dopo essere arrivato l’estate scorsa a suon di milioni. Altro azzurro in rosa è Emerson Palmieri, campione d’Europa con la Nazionale di Mancini nel 2021. Ha un passato nel Belpaese, anche se non ha lasciato un ottimo ricordo, Lucas Paquetà transitato nel Milan con grandi aspettative poi disattese. Non mancano, poi, elementi di valore come l’esterno offensivo Lucas Bowen, i difensori Aguerd e Zouma o il centrocampista Pablo Fornals. Il numero uno è l’ex Paris Saint-Germain Areola.
Moyes schiera in campo la squadra tendenzialmente col 4-3-3 che può diventare 4-2-3-1: stesso modulo applicato da Italiano con la Fiorentina ma diverso all’atto pratico. La parola chiave per il tecnico inglese è semplicità: il suo team si presenta ruvido e ordinato. Lanzini, Fornals e Benrahma sono gli elementi di maggior qualità chiamati a dare, quando impiegati, quella dose di imprevedibilità che può far saltare il banco. Moyes a sessant’anni suonati vanta notevole esperienza: la Real Sociedad, guidata per due stagioni, è stato l’unico club che lo ha portato via dall’Inghilterra. L’unico titolo vinto risale invece al periodo del Manchester United con la Community Shield.
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