I rossoneri tornano tra la top 4 a distanza di 13 anni: Leao è un portento, Maignan è insuperabile. I blancos di Ancelotti sono insaziabili: occhio al brasiliano Rodrygo.
Lo spettacolo dei quarti di finale di Champions League mostra al mondo le quattro squadre più forti del panorama calcistico europeo. Tra queste non poteva mancare il Real Madrid campione in carica, che - forte di un attacco superlativo - vuole confermarsi la regina del Vecchio Continente. Questa volta, i blancos sono affiancati nella top 4 da una grande assente delle scorse edizioni, come il Milan, che torna nell'Olimpo del calcio continentale dopo un'assenza di 16 anni.
Un anno incredibile per le italiane in Europa: alle semifinali accede anche l'Inter, per un derby spettacolare con i cugini milanisti. Un'italiana è così sicura dell'accesso alla finale: non succedeva dal 2017, dalla sconfitta all'ultimo atto della Juventus contro il Real Madrid di Cristiano Ronaldo. L'altra semifinalista è il Manchester City di Guardiola, che sarà protagonista di una doppia sfida spettacolare proprio al cospetto delle merengues.
Alzi la mano chi, una manciata di anni fa, avrebbe mai pensato di ritrovarsi a parlare di un Milan tra le prime quattro d’Europa, per giunta con lo Scudetto cucito sul petto. Il capolavoro di Stefano Pioli sta tutto qui: è riuscito a ridare un’identità ad una squadra che sembrava destinata all’anonimato. La prova cinica nei quarti di finale contro il Napoli, poi, è l’ennesima dimostrazione di maturità: i rossoneri hanno avuto l’intelligenza di aspettare i partenopei e di non metterla sul piano del palleggio, facendosi apprezzare per dinamismo (prestazioni spettacolari di Krunic e Bennacer) e per una solidità difensiva all’insegna del ritrovato Kjaer e di un Calabria sempre più a suo agio con i gradi di capitano.
Ma il vero protagonista dei recenti exploit rossoneri e soprattutto della difficile sfida di Napoli è un giovane talento che si sta facendo grande. Parliamo, ovviamente, del portoghese Rafael Leao, che ancora una volta si esalta davanti al pubblico dello stadio Maradona. Dopo lo 0-4 in campionato, il nazionale lusitano (anche un po’ fortunato, graziato da Marciniak per il fallo da rigore su Lozano) ha messo in mostra il pezzo forte della casa in occasione del gol del momentaneo 0-1, con una progressione a velocità terrificanti e l’assist al bacio per il tap-in facile facile di Giroud.
In questo caso, chiaramente, non parliamo di una novità, anche perché ci troviamo al cospetto della squadra che ha vinto più di tutte, con la bellezza di 14 Champions League in bacheca. Il Real Madrid non ha alcuna intenzione di fermarsi, e non potrebbe essere altrimenti con un organico così forte: il simbolo della profondità della rosa delle merengues è il brasiliano Rodrygo, tutt’altro che un punto fermo nello scacchiere tattico di Ancelotti, ma protagonista assoluto con una doppietta nel ritorno dei quarti in casa del Chelsea.
Per il resto, la solita (incredibile) eccellenza: da Courtois che continua a parare tutto, passando per un Militao che cresce ogni anno di più, senza dimenticare i vari Tchouameni, Camavinga (che si trova a suo agio anche da terzino) e ovviamente il poker delle meraviglie composto da Modric, Vinicius, Benzema e Valverde. Una vera e propria corazzata a disposizione di Carlo Ancelotti, che sogna la settima Champions League della carriera, la quinta da quando siede in panchina.
Una compagine ricca di contraddizioni e che non riesce proprio a garantire continuità. In Champions League, però, l'Inter è squadra che si trasforma: ne è una dimostrazione il recente passaggio del turno contro l'ostico Benfica, regolato con la spettacolare vittoria in terra lusitana nel match d'andata. Solo per gli almanacchi, invece, il 3-3 andato in scena in quel di San Siro, con i nerazzurri che hanno tirato i remi in barca nei minuti finali e sono stati raggiunti proprio sul gong.
Simboli del successo sui portoghesi sono tre punti fermi dello scacchiere tattico di Simone Inzaghi: parliamo ovviamente del centrocampista Nicolò Barella, autore di due gol superlativi tra andata e ritorno e tornato su livelli altissimi dopo un lungo periodo di appannamento. Grandi prove, poi, per il difensore Bastoni, fondamentale anche nelle sue incursioni offensive, e per il campione del mondo Lautaro Martinez, una vera e proprio spina nel fianco delle difese avversarie.
Pep Guardiola insegue la Champions League dai tempi del magico Barcellona, e l'impressione è che questa possa essere veramente la volta buona. Sì, perché il suo Manchester City appare finalmente squadra cinica, forte di un attaccante stratosferico come Erling Haaland (sono già 45 i gol realizzati dal norvegese).
Per il resto, sorprendono la solidità e il pragmatismo dell'ultima incarnazione del credo tattico guardioliano: un solo esterno di ruolo in campo (Grealish o Mahrez), retroguardia a tre più un duo di mediani composto dall'altro centrale di difesa Stones e dal colosso Rodri, un solo regista dai piedi buoni (Gundogan) e il classico centravanti d'area di rigore come terminale offensivo, altro che falso nueve. Una rivoluzione, insomma: basterà per portare a casa la prima Champions della storia del City?
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