Dodici sconfitte in Serie A, mai competitivi per il titolo ma i nerazzurri hanno ribaltato tutto nelle coppe dove invece finora non hanno sbagliato un colpo. In attesa del Manchester City…
La stagione dell’Inter ha avuto tanti volti. Diciamo due, sintetizzando al massimo il concetto: uno in campionato ed uno nelle coppe. Che è un po’ la sintesi della carriera di Simone Inzaghi, che finora ha allenato soltanto due club, la Lazio prima dell’avvento sulla panchina nerazzurra, fortemente voluto da Beppe Marotta per rendere meno amaro, anche tatticamente, il distacco da Antonio Conte.
La scelta si è rivelata positiva, con il bilancio – ancora parziale – di quattro trofei nello spazio di due anni. In campo il Biscione ha mantenuto la stessa intelaiatura delle annate precedenti, ma ricercando qualcosa di diverso dal punto di vista della qualità di gioco. Non di rado, anche se non sempre, abbiamo visto l’Inter di Inzaghi giocare bene: un concetto abusato di questi tempi e soggettivo, ma che è stato ampiamente riconosciuto anche dai più critici nei confronti del tecnico piacentino.
Quindi tutto perfetto? Non proprio, anche se la finale di Champions League inevitabilmente direzionerà in un verso o nell’altro il sentimento comune. A prescindere da come andrà la partita contro il Manchester City di Pep Guardiola, possiamo trarre comunque un bilancio positivo del biennio nerazzurro. Ma meglio analizzarlo nel dettaglio.
Il campionato è una maratona, lunga trentotto tappe. Per arrivare davanti a tutti devi essere anzitutto continuo e l’Inter non lo è stata. Se nella scorsa annata i nerazzurri potevano dire di essere stati effettivamente competitivi per il titolo, mantenendo vivo il duello con il Milan fino alle ultime giornate, stavolta non è stato affatto così. Il Napoli ha chiuso a diciotto lunghezze di vantaggio sul team nerazzurro: oggettivamente un divario del genere era inimmaginabile nelle griglie di inizio stagione.
Ci aveva provato, timidamente, la squadra di Simone Inzaghi a rientrare nel giro con il successo di inizio anno, proprio ai danni della truppa di Luciano Spalletti, che aveva portato il distacco a otto punti. Ma in seguito i campani hanno sbarrato completamente le porte a qualsiasi tentativo di riavvicinamento. Non che l’Inter sia stata perfetta nel suo cammino, dopo la prestigiosa vittoria. I nerazzurri in campionato hanno perso ben dodici partite, anche contro le cosiddette piccole.
Numeri peggiori si erano viste solo nelle annate più nefaste del Biscione: tipo la stagione del 1947/48 nella quale i ko furono addirittura diciannove o, passando a tempi più recenti, nel 2012/2013 quando con Andrea Stramaccioni i lombardi persero ben sedici volte concludendo al nono posto in classifica e fuori dalle coppe dopo tredici anni. Insomma, ce ne sono stati in corso d’opera di motivi per dubitare del lavoro di Inzaghi, cosa che anche i dirigenti hanno fatto. Il terzo posto, con una condizione in crescita nel finale, ha poi graziato l’allenatore che si è riscattato del tutto proprio nelle coppe.
Se ci fossimo basati soltanto sulla Serie A la panchina di Inzaghi sarebbe oggi traballante. Ma il tecnico già in passato aveva dimostrato la propria abilità nel preparare le gare secche o quelle di andata e ritorno. Con la Lazio aveva cominciato a vincere trofei già alla guida della Primavera con Supercoppa e Coppa Italia, quest’ultima portata a casa due volte. Appena passato nel mondo dei grandi ha poi confermato la straordinaria tendenza sia con i biancocelesti sia dall’approdo all’Inter.
Con i nerazzurri ha già conquistato la bellezza di quattro trofei, tre dei quali contro la Juventus di Massimiliano Allegri. Due Supercoppe italiane e due Coppa Italia aggiunte alla sua personale bacheca oltre, ovviamente, a quella del club rappresentato. Ma più di tutto c’è un cammino internazionale ad alterare quasi del tutto il senso di una stagione altrimenti soddisfacente ma comunque non del tutto esaltante per una società blasonata e di successo come l’Inter.
Nessuno alla vigilia avrebbe pronosticato un’Inter tanto brava da arrivare fino a Istanbul a giocarsi la Champions League. E non che il girone sia stato morbido per i nerazzurri, tutt’altro: Bayern e Monaco e Barcellona a qualcuno avevano già suggerito lo studio dell’Europa League per capire che ne sarebbe stato di Lautaro e compagni. E invece blaugrana a casa e Inter ancora in corsa, pronta per una doppia avventura portoghese contro Porto prima e Benfica poi. Quindi il derby, che rievocava gli spiacevoli ricordi del 2003, spazzati via con due vittorie sia all’andata che al ritorno. Per mostrare al mondo l’altro volto dell’Inter che ora va a giocarsi tutto con il Manchester City.
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