Una carriera memorabile segnata dalle vittorie ma anche dalle sconfitte. Il portierone è salito sul tetto del mondo e ha sognato la Champions, prendendosi un posto d’onore nella storia del calcio.
Ci sono dei casi in cui il talento è istantaneo. Te ne accorgi subito che quel calciatore ha quel qualcosa in più che gli serve per diventare un top. In altri, invece, occorre tanto lavoro per plasmare una stoffa che di per sé è buona ma necessita di qualche step in più per raggiungere i risultati. Gianluigi Buffon fa chiaramente parte della prima categoria. Tanto che Nevio Scala, allenatore del Parma, lo fece esordire non ancora diciassettenne in una partita di campionato contro il Milan quando era il 19 novembre 1995.
Quella che sembrava un rischio enorme, si rivelò invece ben calcolato perché Buffon in quella partita parò di tutto concludendo la gara con la porta inviolata. Fu quello il momento in cui iniziò l’era Buffon, un’epoca lunghissima che soltanto oggi vede scrivere la parola fine. Quel ragazzino, carismatico ed esuberante, nel tempo è diventato uomo, più calmo ed equilibrato ma sempre super tra i pali. Soltanto quattro le maglie indossate in carriera: il Parma, dove tutto è cominciato e dove tutto è pure finito, la Juventus dove ha giocato addirittura per diciotto anni con un piccolo intermezzo di Paris Saint-Germain giusto per provare un’esperienza all’estero.
Poi naturalmente la Nazionale, la cui divisa l’ha indossata per ben 175 volte mettendo a segno un record assoluto nella gloriosa storia azzurra. Oggi a quarantacinque anni suonati, Gigi dice basta al calcio giocato. Rimarrà nel mondo del pallone, non conoscendone altri, ma con una nuova veste da collaboratore di Roberto Mancini, nel segno di altri due grandi come Gigi Riva e il compianto Luca Vialli. Con la sua esperienza sarà certamente d’aiuto in un’Italia che deve ricostruirsi dopo il fallimento Mondiale.
Gianluigi Buffon ha vinto tanto in carriera. Il suo è un palmarès certamente invidiabile nel quale si registrano ben altri record: primatista di Supercoppe italiane con sette complessivamente portate a casa; numero uno al pari di Mancini per numero di Coppa Italia vinte con sei totali ed infine anche la quantità di scudetti italiani è la più alta di tutti grazie ai dieci conquistati con la sua Juventus. A questi vanno poi aggiunti il titolo nazionale francese e la Supercoppa sempre d’oltralpe vinta nell’unico anno in cui ha militato con il Paris Saint-Germain.
Dal punto di vista internazionale, invece, a livello di club ha vinto una Coppa Uefa con il Parma nel 1999. Non manca più nulla? Beh, mancherebbe il Mondiale vinto con l’Italia nel 2006, peraltro con un ruolo da assoluto protagonista. La parata sul colpo di testa di Zidane è un’immagine che resterà conservata in eterno nella memoria di questo sport. Ma di parate sensazionali è piena la vita sportiva di Gigi Buffon, pilastro di un’intera nazione che ha potuto beneficiare di una difesa granitica che poteva contare pure su Cannavaro, Nesta e Materazzi.
Per quanto concerne, invece, il suo percorso bianconero, il quartetto tutto azzurro con Barzagli, Bonucci e Chiellini ha rappresentato senza ombra di dubbio una parte importante della sua incredibile carriera. La media dei gol subiti da parte di Buffon è di 0,84 a partita se mettiamo insieme tutte le 1.175 gare in cui ha giocato. Tra le altre statistiche da evidenziare, il record di imbattibilità in massima categoria registrato con 974 minuti, quello delle presenze in Serie A con 657 e tanti altri ancora praticamente impossibili da citare tutti, tale è la grandezza del personaggio.
Se chiedete a qualsiasi attaccante che ha avuto modo di calcare i campi di calcio tra gli anni Novanta e quelli Duemila vi dirà che far gol a Buffon è sempre stato un motivo di vanto. Ma nella vita di ogni campione oltre alle vittorie rimangono anche le sconfitte e quelle di Gigi sono particolarmente amare.
Il suo più grande rimpianto sportivo, destinato a rimanere tale, è la Champions League, sfiorata più volte con la Juventus con delle sconfitte in finale che bruciano ancora nel cuore e nella mente del portierone. E che lo hanno spinto, probabilmente, a continuare sempre di più finché ha potuto e finché gli è stato consentito. L’altro grande rimpianto della carriera è il Pallone d’Oro che poteva vincere nel 2006 quando fu bruciato al fotofinish dal suo compagno Cannavaro. Anche questa è una ferità che Superman porterà sempre con sé.
Infine, anche l’ultima sfida non gli ha dato la soddisfazione che avrebbe voluto: il suo ultimo desiderio era quello di riportare il Parma in A per lasciarlo nel calcio che conta. I due tentativi di promozione sono però andati a vuoto. Non esiste campione senza macchie e Gigi lo è stato fino in fondo, anche quando ha accettato la B per amore della Juventus.
Versamento minimo richiesto. Si applicano T&C, quote minime e limiti di tempo.