Il torneo in Ohio si chiude in modo spettacolare, con l’avvincente duello tra il gigante serbo e Carlos Alcaraz.
L’avevano definita la partita più bella dell’anno, col premio a Cincinnati per averli messi nuovamente l’uno di fronte all’altro. Ma il pronostico si è rivelato addirittura riduttivo perché Carlos Alcaraz e Novak Djokovic hanno dato vita a un incontro destinato a rimanere nella storia di questo sport. Lungo, quasi quattro ore senza mai annoiarsi, avvincente, incerto fino alla fine, con colpi di scena continui, emozionante dal momento che entrambi hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo per poter avere la meglio sul rivale.
Il torneo dell’Ohio ha avuto un epilogo che è il manifesto puro del tennis, del quale ha toccato il punto più alto immaginabile. Alla fine ha vinto il serbo, non è chiaramente un dettaglio insignificante ma la sfida poteva davvero prendere qualsiasi piega e sarebbe andata bene comunque. Evidentemente il trentaseienne di Belgrado ha voluto prendersi la rivincita di quanto accaduto a Wimbledon, riportando in parità il bilancio degli scontri diretti che oggi è di due successi a testa.
Il Djoker ha sofferto, inutile nasconderlo, tanto che ad un certo punto stava quasi per mollare. Non c’è mai stata distanza netta tra i due, nessuno è mai riuscito a prendere realmente il sopravvento sull’altro. Al limite c’è stato il vantaggio di un break, peraltro quasi immediatamente azzerato in un incontro che ha esaltato alla massima potenza i concetti di intensità e agonismo. Solo nel terzo set Djokovic è parso effettivamente dominante, con la sensazione che potesse chiudere il duello quando lo ritenesse più opportuno.
Ci ha messo comunque un bel po’ per riuscirci. Alla fine è solo un Masters 1000 in più nella sua già ricca sala dei trofei, giusto? No, perché per un campione di tale caratura non c’è nulla di superfluo. Essere il migliore di tutti comporta l’esigenza di avere quello spirito lì, manifestato sul campo, quello per cui sembra sempre essere la prima volta. E allora non poteva esserci finale migliore in una partita da mostrare a chiunque voglia cimentarsi con questo sport.
Le lacrime di Carlos Alcaraz fanno male. Ma è improbabile si tratti di delusione, per quanto perdere faccia sempre soffrire. Lo spagnolo sul campo ha dato tutto e quando si gioca così non può esserci spazio per i rimpianti. D’altra parte l’avversario era altrettanto importante, se non superiore. Chi dei due avrà fatto di più lo dirà il tempo: il murciano ha solo vent’anni e tutta una carriera davanti. Novak Djokovic la sua l’ha di fatto già trascorsa sebbene abbia la stessa passione e voglia di migliorarsi di un ragazzino.
A tal proposito l’elenco dei record del gigante di Belgrado va aggiornato. Quest’ultima vittoria è stata la numero 1.069 della sua storia: così ha superato Ivan Lendl e Rafael Nadal diventando il terzo di sempre alle spalle di Jimmy Connors (1.274 successi) e Roger Federer (1.251). Lendl sorpassato pure nella classifica di tornei vinti, che adesso per il Djoker sono diventati 95. Anche in questa particolare graduatoria il serbo è terzo dietro ai già citati Connors e Federer, che rispettivamente ne hanno portati a casa 109 e 103.
Ma non è finita qua: a 36 anni suonati, Novak è diventato anche il più vecchio a conquistare il titolo qui a Cincinnati. Prima di lui il record spettava a Ken Rosewell, che aveva avuto modo di ottenerlo nel 1970. Le altre sfide vinte dal campione sono contro sé stesso: la quantità di Masters 1000 vinti è salita a 39 mentre la somma totale delle big finals raggiunte si è portata a 100 totali con 57 negli slam, 8 alle ATP Finals e 35 nei Masters 1000.
Lunga vita a Djokovic. Se lo augura pure il suo grande avversario, Carlos Alcaraz. Che ha chiuso con un ko l’en plein dei grandi tornei americani relativamente a questa annata. Bilancio comunque positivo per il ventenne di El Palmar, anche se ha perso la sua imbattibilità nelle big finals dopo le sei vittorie del passato. Anche il record di imbattibilità al tie-break del terzo set è andato a farsi benedire, così come il vantaggio negli scontri diretti contro il serbo. Per quanto riguarda la prima posizione nel ranking ATP nulla al momento è cambiato.
C’è un però: se l’attuale numero due dovesse accedere al secondo turno degli US Open – missione tutt’altro che impossibile – in quel caso avverrebbe pure il sorpasso in graduatoria. A questo, però, il murciano ci penserà soltanto poi. Oggi è il giorno dell’amarezza, da domani si riparte per una nuova sfida. È così che fanno i campioni e lui lo è, come ampiamente dimostrato sia nelle vittorie che nelle sconfitte.
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